Il canale nazionale di notizie sarà inghiottito da quello internazionale. La decisione è conseguente al buco di 1,4 miliardi di sterline che si è aperto dopo il congelamento del canone. E non finisce qui: si temono tagli nelle redazioni e l’affidamento del servizio notturno agli uffici di corrispondenza degli Stati Uniti e di Singapore (meno costosi)

La TV pubblica inglese ha un rosso di 1,4 miliardi di sterline. L’ex calciatore Gary Lineker, conduttore di Match of the Day, con 1,35 milioni di sterline, è il volto più pagato per il quinto anno consecutivo.

C’è l’ipotesi di un modello ibrido: tg, attualità e documentari dovrebbero essere finanziati attraverso il fisco, per l'intrattenimento e le fiction si dovrebbe attivare un abbonamento stile Netflix. Ma si pensa anche di far pagare i cittadini in base al reddito, facendo entrare la Tv nel sistema di tassazione. Infine, c’è alla pubblicità e alle sponsorizzazioni, oggi bandite. In ogni caso, sarà una rivoluzione

La tv britannica è in crisi: perde ascolti, perde talent e qualcuno vorrebbe che perdesse anche il canone. Ora, in mezzo alle polemiche, spunta il bando per monitorare i gusti del pubblico fino al 2027. E si scatena la rissa. Tutto su "The Times".

Il quotidiano britannico “The Times” riporta la levata di scudi di presentatori, comici e registi, che hanno attaccato apertamente il piano di privatizzazione della rete voluta da Boris Johnson.

Creato 40 anni fa dal governo di Margareth Thatcher, il canale è totalmente finanziato dalla pubblicità, quindi non grava sui cittadini, ma l’esecutivo di Boris Johnson vorrebbe privatizzarlo. Qui l’indignazione di un’editorialista del quotidiano “The Times”.

Diventa una farsa la nomina del nuovo redattore politico. Tra rifiuti interni e ricerca di candidati esterni, sembra sia impossibile trovare il sostituto di Laura Kuenssberg. Così sul "Sunday Times".

La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: con la campagna online “Stop Funding Hate” (Basta finanziare l'odio), un gruppo di attivisti di sinistra ha convinto i grandi inserzionisti a ritirare la pubblicità dall’emittente che sfida il politicamente corretto imperante. Da Vodafone a Ikea, da Nivea a Bosch a Pinterest tutti hanno obbedito. Ma poi è intervenuto il premier Boris Johnson e…

La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: ha il 12% della torta televisiva, contro il 6,1% di Netflix e il 5,7% della tedesca Ard. A seguire ci sono la Bbc con il 4,2%, il gruppo Canal+ con il 3,2% fino ad arrivare al 2,3% di Mediaset, al 2,1% della Rai e al 2% di Amazon Prime Video.