Pubblicato il 19/01/2022, 11:31 | Scritto da La Redazione
Argomenti: ,

Le maniere Fuortes sconquassano la Rai

La guerra totale nella Rai tra l’ad Fuortes e il sindacato

Domani, pagina 8, di Daniele Martini.

Il budget aziendale del 2022 approvato per il rotto della cuffia, lo sciopero dei giornalisti contro il taglio dei telegiornali regionali della notte, la convocazione d’urgenza della Commissione parlamentare di Vigilanza richiesta dal segretario Michele Anzaldi, una conferenza stampa di fuoco in cui i rappresentanti del giornalismo italiano hanno protestato contro il rifiuto di trasmettere un video comunicato prodotto dall’Usigrai, l’Unione sindacale dei giornalisti Rai. E ora il caso dei condirettori della Tgr, la Testata giornalistica regionale che sta montando come un soufflé, e la questione del canone, «basso rispetto al resto d’Europa» e incerto.

Ad appena sette mesi di distanza dalla nomina sta diventando un percorso minato il cammino alla Rai di Carlo Fuortes, il manager scelto dal governo di Mario Draghi con il compito di rimettere a posto i conti che rischiano di sprofondare. Durante un’audizione al Senato l’amministratore delegato ha parlato del meccanismo di finanziamento della tv pubblica. «In un sistema duplice la risorsa di gran lunga prioritaria è il canone, tuttavia il relativo valore unitario è il più basso di tutta Europa, 90 euro. Una somma distante da quella degli altri Paesi al punto da rendere quasi irrilevante la compresenza compensativa, per Rai, degli introiti della raccolta pubblicitaria». Secondo l’amministratore aratore delegato, l’attuale canone «è una risorsa incongrua rispetto agli obblighi e alle attività che la Rai svolge ed è tenuta a svolgere», soprattutto «se si considerano le varie trattenute, dei 90 euro Rai ne percepisce solo l’86 per cento».

Condirettori della discordia

Il tema delle risorse affianca quello delle reti locali. La Tgr è il più grande giornale nazionale con oltre 700 cronisti e 24 redazioni, una in ogni regione più le redazioni ad hoc perle minoranze in tedesco, ladino e sloveno. Al vertice di questo mastodonte c’è uno staff altrettanto corposo, otto professionisti: un direttore indicato dalla Lega, Alessandro Casarin, più cinque vice direttori, più due condirettori. Su queste due ultime qualifiche si accanisce la polemica, perché la figura di condirettore all’interno della Rai viene vissuta come il polveroso e inutilmente costoso reperto di un lontano passato.

La sua eliminazione risale addirittura a quasi un decennio fa, era Luigi Gubitosi, il quale considerando i condirettori un evidente spreco aziendale, decise di eliminarli tra il 2013 e il 2014. Alla Tgr la figura del condirettore ha però rifatto di nuovo capolino nell’autunno del 2018, con il direttore Casarin che si è messo al fianco un altro giornalista di area leghista, Roberto Pacchetti. Quando un anno dopo il governo Lega-Cinque stelle è caduto lasciando il posto al governo Cinque stelle-Pd, lo scossone si è ovviamente ripercosso sulla Rai senza risparmiare la Tgr. Nella logica ferrea della lottizzazione, il Pd asceso al governo avrebbe voluto a quel punto far fuori il leghista Casarin, o in subordine che fosse nominato un giornalista di suo gradimento come condirettore, e allo stesso tempo fosse eliminato l’altro condirettore, Pacchetti, per ridimensionare quello che il partito di Enrico Letta ritiene lo strapotere leghista alla Tgr.
(Continua su Domani)

 

(Nella foto Carlo Fuortes)