Pubblicato il 13/10/2021, 19:04 | Scritto da La Redazione
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Luciana Littizzetto: Maria De Filippi mi ha convinta a diventare “madre affidataria”

Luciana Littizzetto: Maria De Filippi mi ha convinta a diventare “madre affidataria”
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: la comica presenta il suo libro “Io mi fido di te”, in cui racconta i 15 anni passati con i suoi figli in affido. Arrivando alla conclusione che: «Si può fare: certo, bisogna avere pazienza e resilienza, ma è una cosa che arricchisce tutti».

Littizzetto mamma non mamma

La Stampa, pagina 25, di Paola Italiano.

Essere madre. Non dormire la notte aspettando i figli, venire convocati a scuola perché lui ne ha combinata un’altra, tipo tagliarsi la frangia per appiccicarsi i peli sotto le ascelle e vantarsi che gli sono già cresciuti. Cucinare cibi sani, ma stare sempre in guardia perché lei invece è allergica a qualsiasi cosa. Calmare angosce, curare ferite. Farsi da parte quando non è con te che vogliono parlare, anche se tu ci sei, non c’è un attimo in cui tu non ci sia stata da quando quei due sono arrivati. Ritrovarsi uno Zanichelli sbattuto in faccia alla voce «madre» e sentirsi dire «Leggi, impara cosa vuol dire». Essere madre e non essere mai chiamata mamma: se hai scelto la strada dell’affido questa può essere una delle complicazioni.

Luciana Littizzetto non ha mai parlato della sua vita privata. La privacy di Jordan e Vanessa, entrati nella sua vita 15 anni fa, quando avevano 9 anni lui e 11 lei, con la loro storia complicata e dolorosa, l’ha difesa con tutte le forze. E ora esce Io mi fido di te, e stavolta non ci sono Walter o Jolande: c’è una grande immensa storia di amore, un cuore aperto messo in un libro. Che poi si ride, e tanto. Ma ci si commuove pure, fin dalla prima pagina.

Luciana, perché questo libro, perché adesso?
«Perché ora i miei figli sono grandi, Vanessa ha 26 anni, Jordan 24. E forse è giunto il momento di raccontarla, questa storia: per fare da volano e parlare dell’affido. Per dire “si può fare”: certo, bisogna avere pazienza e resilienza, ma è una cosa che arricchisce tutti».
E i ragazzi erano d’accordo?
«Lo abbiamo deciso insieme. Molti pezzi del libro sono passati al loro vaglio».
«Te che non ti fidi mai, te che “dimmi che mi ami, ma dimmelo 20 volte di seguito”», scrive nella lettera che apre il libro. È più difficile essere genitori affidatari?
«Si fa fatica. Si fa anche con i figli naturali, ma con quelli affidataci e adottivi c’è una componente in più, una richiesta continua di sentirsi amati. A volte per una sciocchezza dicono “allora non mi vuoi bene”: hanno sempre il timore che li lasci, si chiedono quanto durerà, un pensiero che tu devi levare».
E come?
«Con la fiducia. Se c’è quella, allora ti dico che qualunque cosa succeda, io non ti tradirò mai. E passa anche un po’ la pressione di dover essere una madre meglio degli altri: alla fine devi solo decidere di fare come sai ed essere come sei, con le tue fragilità, le tue difficoltà, il tuo carattere».

Nulla sarebbe accaduto senza Maria De Filippi, che l’ha convinta a percorrere la via dell’affido: come ha fatto?
«Sono sempre stata vicina al mondo delle comunità e dell’affido. Ma pensavo che per me fosse più difficile, per il mestiere che faccio, per l’esposizione pubblica. Poi un giorno a Roma ho visto Maria per un caffè. Mi ha raccontato la sua esperienza di affido e mi ha detto “Ma perché no? Noi siamo come gli altri”. Mi ha dato tranquillità. Le sono molto legata. Quando ci sentiamo è tutto un “Non ti dico il mio cos’ha fatto, eh sapessi il mio”: le confidenze un po’ ti risollevano, ti senti meno sola in questo Acheronte limaccioso».
E i ragazzi che rapporto hanno con la sua celebrità?
«Vanessa mi ha sgamato subito. Quando siamo andati a prenderli nella comunità vicino a Pavia mi disse “Io ti ho già vista”. Lui era più piccolo e si chiedeva come mai tutti per strada mi salutassero. Ho sempre cercato di fare una vita normale, cosa non troppo difficile perché sono piemontese inside e non amo la mondanità. Per scelta mia, loro hanno conservato il loro cognome, questo li protegge molto. Hanno cercato di stare distanti dalla mia notorietà. Non dicono mai chi sono, Jordan, il più riservato, dice che a volte sente che le persone gli danno retta perché sanno che è figlio mio. Vanessa non ha mai cercato di usarlo come lasciapassare, nemmeno sul lavoro».
In compenso Jordan si rivendeva i suoi autografi.
«Dopo appena quindici giorni mi chiamò la maestra. Aveva ritagliato le mie firme sul diario e le vendeva a un euro l’una. Un genio».
(Continua su La Stampa)

 

(Nella foto Luciana Littizzetto)