Pubblicato il 21/09/2021, 17:04 | Scritto da La Redazione

Netflix fa impallidire Lino Banfi con Sex Education

Netflix fa impallidire Lino Banfi con Sex Education
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: altro che «Porca puttena!». Fa discutere la campagna per il lancio della terza stagione di “Sex Education”: manifesti in tutte le città con frutti che alludono alle parti intime. «Chiare allusioni falliche e vaginali», tuona l’associazione Pro Vita e Famiglia.

Quei poster allusivi di Sex Education

Libero, pagina 33, di Enrico Paoli.

Magari, distratti come siamo, non ce ne saremmo nemmeno accorti. O, magari, avremmo buttato lì solo un «ma va là» d’ordinanza, se non un’esclamazione di circostanza, fra noi e se stessi. Ma niente indignazione, figuriamoci stupore in nome del pudore. In fondo c’è davvero da meravigliarsi per i manifesti piazzati da Netflix, un po’ in tutta la città, per lanciare la terza stagione di Sex Education, la fortunata serie che racconta le avventure di Otis, uno studente che pian piano si trasforma in una sorta di sessuologo della sua scuola? Davvero sono così disdicevoli? E un po’ come con il «porca puttena» di Lino Banfi, dai.

Il mondo, con il Cristo di Carlo Levi, non è più fermo a Eboli. Certo, le femministe di una volta (magari averle ancora qui, saprebbero ancora cosa dire) avrebbero lanciato una crociata contro quei manifesti troppo allusivi, troppo espliciti. Al grido di «Vade retro Netflix» o «Sala intervenga», sarebbero scese in piazza, essendoci di mezzo foto e scritte con «chiare allusioni falliche e vaginali» come sostiene, polemicamente, Barbara Mazzali di FdI e l’associazione Pro Vita e Famiglia. D’accordo, l’ostrica, la banana, il cactus, un’orchidea, sono messaggi che non lasciano troppo spazio all’immaginazione. Ma in tempi in cui ben altre immagini aprono la porta alla mortificazione del corpo, femminile e maschile, la campagna di Netflix non merita certo tutta questa demonizzazione, ulteriormente anestetizzata dalla logica della Milano di Beppe Sala, dove il «politicamente corretto» rende tutto magicamente fluido.
(Continua su Libero)

 

(Nella foto uno dei manifesti di Sex Education)