Pubblicato il 09/08/2021, 15:31 | Scritto da La Redazione
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Barbara D’Urso: Ho parlato con Pier Silvio Berlusconi e condivido le sue scelte

Barbara D’Urso: «La fuga da casa a 18 anni e quel flirt con Miguel Bosé. Reciterei per Almodòvar»

Corriere della sera, pagina 39, di Candida Morvillo.

Barbara d’Urso ha appena pubblicato su Instagram una foto in cui corre, canottiera e shorts, un fisico che, a 64 anni, è un fascio di muscoli e nervi. Sotto, ci ha scritto che ama vincere. Sempre: «La mia unica sfida è quella contro me stessa… Non mi arrendo, rido, resisto e quindi vinco».

Parlava di jogging o pensava alla prossima stagione Mediaset in cui per la prima volta da anni farà un solo programma anziché tre?
«Nessuna metafora. Correre con questo caldo è una noia, ma io non mi dico mai “non ce la faccio”, perché superare i miei limiti è la sfida di tutta la mia vita, fin da piccola».
Perché fin da piccola?
«In principio, era: io ce la devo fare. Vivevo a Napoli, in una casa meravigliosa, avevo tutto, poi, io ho sette anni e mamma si mette a letto. Ogni tanto, si alzava, poi, sempre meno. Le sue braccia erano sempre più nere, per le flebo. Io e i miei fratelli ancora abbiamo la fobia degli aghi. È morta che Alessandro aveva 3 anni, Daniela 7, io 11. Nessuno ci ha detto perché venivano tanti medici. Insomma, sei piccola, fai i turni per tenere il panno ghiacciato sulla fronte di mamma, non sai se guarisce, che ha… Per forza ti dici: io, a questo, devo sopravvivere. Poi, all’improvviso, mamma non c’è più e di lei in casa non parleremo mai più. Come se quella tragedia fosse normale. Da allora mi porto dietro quest’imperativo di sopravvivenza e il rigore di mamma, che ho nel Dna».
Com’era fatto questo rigore?
«Di regole. Lei, pure malata, a letto, se la combinavo grossa mi faceva tirar su per le braccia dalla cameriera e mi sculacciava col cucchiaio di legno. Mi è servito: ho sempre saputo che dovevo rigare diritto».

Che cosa sognava di fare da grande?
«Non lo sapevo. A cinque anni avevo iniziato danza classica. Poi muore mamma e nessuno mi ha più iscritto a danza. La mia vita diventa un’altra. Ma da quando sono scappata da casa a 18 anni ricerco voracemente la danza. Alle sei mi alzo e già sono alla sbarra».
Com’è che a 18 anni scappa di casa?
«Papà si era risposato, erano arrivati altri tre fratelli e, quando stava per lasciare questa nostra meravigliosa famiglia allargata per un’altra, non potei accettarlo. In più lui era pazzescamente severo. A 16 anni, il sabato pomeriggio, mi era vietato andare a ballare. Io ci andavo, fingendo di essere al cinema».
Se la scopriva?
«Era una famiglia patriarcale, anche bella… Bella quando papà, avvocato, tornava dal tribunale e a tavola io, la primogenita, sedevo alla sua sinistra. Bella quando qualunque cosa mi piacesse, tipo la Kodak di cartone, lui me la faceva trovare sotto il cuscino la sera…».
Tutto bello, però?
«Per esempio, a tavola, un giorno, mia sorella dice: ti ha telefonato il tuo… E fa il nome di un ragazzino. E io: non puoi dire le mie cose a tutti. Papà dice: io non sono tutti, sono tuo padre. Senza battere ciglio, prende la zuppiera di spaghetti e me la spacca in testa. Era il suo modo d’insegnare il rispetto. Però mi ha picchiata solo una volta. Avevo detto che ero a una festa, non era vero. Mi diede due scudisciate col frustino da cavallo che ricorderò sempre».

Come fu la fuga?
«Gli dissi che me ne andavo e lui: se te ne vai, per me, sei morta. Così è stato, per quattro lunghi anni. Uscii con sole 15 mila lire in tasca. Non sapevo far niente, ma ero una bella ragazza. Iniziai a sfilare per i campionari, mi ci pagavo una stanza. Poi tentai il salto a Milano».
Quanto sono stati faticosi quegli anni?
«Mi sentivo forte perché ce la facevo da sola. Avrei potuto facilmente fare la bella vita, accettare compromessi, ma l’educazione rigida era dentro di me. Non ho neanche mai dato un bacio in bocca a uno per lavorare. Sempre torniamo alla sfida con me stessa».
Quando ha capito che ce la stava facendo?
«Quando, posando per le pubblicità, ho preso in affitto la prima casetta e ho comprato una Renault 4 di decima mano, dietro non c’era il pianale, non ci poggiavi i piedi».
La tv come arriva?
«Coi provini tramite l’agenzia di moda. Sono stata presa a Telemilano, la prima tv di Silvio Berlusconi. Era il ’77. Facevo la signorina buonasera, un programma con Claudio Lippi e, ogni sera, uno in diretta. Vivevo in quel sottoscala di Milano 2. È buffo: praticamente era la stessa vita che faccio oggi a Mediaset».

Però, da settembre, niente più Domenica Live, niente Live Non è la d’Urso. Farà solo Pomeriggio 5.
«Per poco. Ci saranno proposte di intrattenimento in prime time per me. È un passaggio necessario. Ho parlato a lungo con Pier Silvio Berlusconi, mi ha spiegato il suo punto di vista e lo condivido totalmente: col Covid, la realtà che ho sempre raccontato facendo informazione si è talmente intrisa anche di tragedia, che è sempre più difficile voltare pagina su argomenti leggeri. Mi ha detto: ho bisogno che delle cento anime che hai ne tiri fuori due, una per l’informazione e una per il puro intrattenimento. Per cui è in maturazione una prima serata d’intrattenimento e, dal 6 settembre, riparte l’informazione quotidiana di Pomeriggio 5 sulla rete ammiraglia, con la cronaca di tutti i tipi e la politica, dando spazio anche alle storie di persone comuni e all’Italia positiva che ha valori. Non mancheranno i miei “timbri”: chi ti picchia non ti ama; sì alle telecamere in asili e Rsa; stop all’omofobia…».
(Continua su Corriere della sera)

 

(Nella foto Barbara D’Urso)