Pubblicato il 05/08/2021, 15:33 | Scritto da La Redazione
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L’Europa vuole spegnere le radio

La Ue “killed the Radio Star” l’Fm sarà spento per far posto al digitale

Il Fatto Quotidiano, pagina 17, di Stefano Mannucci.

È attacco alla Radio. A colpi di legge. Il cannone normativo che può far saltare in aria il comparto è il controverso Tusmar, il Testo Unico sui Servizi Media Audiovisivi Radiofonici Digitali del 2005, che sta per essere modificato per recepire la Direttiva Ue 1808/2018. Oggi sarà sul tavolo del governo prima di approdare, entro l’8 agosto, in Parlamento. Cosa contiene, di così esplosivo? Gli insider notano, tra le pieghe di un decreto labirintico, l’ordigno dello switch e lo spegnimento prematuro della rete della modulazione di frequenza: quella analogica, la via antica ma più battuta dagli oltre 34 milioni di finitori italiani per accedere all’ascolto.

Non bastasse, fuori testo si valuterebbe uno switch off da portare a compimento entro il 2023, per poi affidarsi definitivamente alla tecnologia più avanzata, quella digitale del Dab+ (Digital audio broadcasting) e di Internet. Soluzione ottimale a medio termine, non per una scadenza ravvicinata. Non tutti possiedono una vettura accessoriata con un’autoradio Dab. Né gli utenti sembrano già totalmente avvezzi a orientarsi tra le app e le piattaforme per godersi dirette o podcast. Tagliare via anzitempo le antenne dell’Fm equivarrebbe a decimare il bacino di utenza del sistema. In uno scenario “purificato”, resterebbero attive in digitale solo 9 emittenti nazionali su 13, con un’ecatombe tra le locali: su mille se ne salverebbero appena 300.

Cosa prevede il Tusmar

Ma perché temere l’apocalisse con il nuovo Tusmar? Insistono i diffidenti: perché è stato messo a punto con criteri lunari. Due giorni fa il ministero per lo Sviluppo Economico ha invitato in audizione gli operatori della filiera, in assenza del ministro Giancarlo Giorgetti e con la presenza per pochi minuti del sottosegretario piddino Anna Ascani. Gli esponenti dei gruppi radiofonici e dei nuovi temibili player (Discovery, Netflix, Disney) hanno messo alle strette il Mise, guadagnandosi una rassicurazione off the record: «Non procederemo con mosse incaute finché il mercato del Dab non sarà maturo». Ma quando cadrà dall’albero il frutto del Dab? Un’ipotesi allarmante è già nel pre-decreto del Tusmar, prima di ripensamenti dell’esecutivo o di maquillage in Commissione.

Nell’articolo 50, comma 10, è detto che l’Autorità adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica, tenendo conto del grado di sviluppo della radiodiffusione sonora in tecnica digitale. Nelle more di un’effettiva diffusione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale, il Ministero, in coordinamento con l’Autorità, procede ad attività di ricognizione e progressiva razionalizzazione dell’uso delle risorse frequenziali in tecnica analogica in particolare al fine di prevenire o eliminare situazioni interferenziali con i paesi radio-elettricamente confinanti, e incoraggiare l’efficiente uso e gestione delle radiofrequenze, tutelando gli investimenti e promuovendo l’innovazione”. Traducendo da Bisanzio: qui si parla non di uno switch off ma di uno switch over, cioè la potatura graduale delle antenne Fm in parallelo con il passaggio al Dab. Parrebbe quasi una mossa virtuosa: meno inquinamento, minor consumo di energia, migliore fruizione, nessuna sovrapposizione (anche potenziale!) con le stazioni estere, dalla Francia ai Balcani.
(Continua su Il Fatto Quotidiano)

 

(Nella foto Paola Ferrari)