Pubblicato il 16/07/2021, 19:05 | Scritto da La Redazione
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Gerry Scotti: Ho cantato a San Siro davanti a 30 mila persone. Un sogno

Gerry Scotti: «Woodstock? Per me fu al parco Lambro»

Corriere della sera, pagina 23, di Chiara Maffioletti.

Per Gerry Scotti, scegliere quale sia stato il concerto più importante della sua vita non è impresa facile. La musica ne è da sempre una parte fondamentale. «In particolare, è incredibile quello che riesce a fare quella dal vivo: ha un potere evocativo che forse solo alcuni grandi eventi sportivi hanno. Lascia un ricordo indelebile. Ho in mente non solo quello che provavo il giorno in cui dovevo assistere a certi concerti, ma anche con chi ero, come ero vestito…». E mentre parla, sembra di vederli assieme a lui questi ricordi di «un figlio della radio e del juke box», come il conduttore definisce sé stesso e la sua generazione.

«Eravamo ammalati di musica: ognuno aveva il suo cantante preferito, il gruppo, il poster appeso in camera. I boomer erano accomunati da questa passione». Non che fosse semplicissimo perseguirla, «perché prima di avere qualche soldino per acquistare i biglietti dei concerti ne passava…». Non solo. Avere il permesso dei genitori per andarci «era anche più complicato. Eravamo grandi e grossi, avevamo 16, 17 anni, io ero già alto un metro e 85 e pesavo 90 chili, ma per andare a un concerto dovevo avere il permesso della mamma e del papà… anche perché se non glielo avessi detto come minimo mi inquadravano al telegiornale».

Musica  e politica

Negli anni Settanta le occasioni dei concerti «erano molto strumentalizzate, politicizzate, a rischio sommossa». Per questo, prenderne parte involontariamente ti spingeva anche a capire che tipo di persona essere: «Ogni volta che c’era un concerto importante i sobillatori coglievano l’occasione per caricare la polizia». Alla fine, dunque, non si trattava solo di ascoltare musica, ma di scegliere da che parte stare: «Chi come me era stato trascinato solo dalla passione per la musica, si trovava davanti a situazioni a cui non voleva nemmeno credere. In parecchi casi, forse anche perché ero più giovane e spaventato, è stata una cosa che ho patito. È successo quando ero andato a vedere i Led Zeppelin al Vigorelli, e poi Santana: decisi di andare via, mentre le persone iniziavano a picchiarsi…».

I ricordi legati alla musica, però, sono soprattutto dolci. «Mi viene in mente un locale, fuori Milano, verso Bresso. Era una balera, ma d’estate ospitava anche concerti. Lì mi sono goduto il concerto dei Camaleonti nel momento in cui avevano in classifica Applausi… si era tenuto nel tardo pomeriggio della domenica, non ho dovuto inventare scuse con i miei genitori. Avevo 12 anni e per me era come aver visto suonare i Beatles». C’è un altro evento «fondamentale per noi ragazzi cresciuti con il mito di Woodstock, la nostra tre giorni di amore: è stato il grande concerto della Festa del proletariato giovanile al parco Lambro, a fine giugno del ’76: avevo 20 anni e il bello non erano solo i due giorni e mezzo di concerto, ma lo stare fuori a dormire con il sacco a pelo come a Woodstock, un’esperienza indimenticabile».
(Continua su Corriere della sera)

 

(Nella foto Gerry Scotti)