Pubblicato il 07/07/2021, 14:35 | Scritto da La Redazione

Barbara Boncompagni ricorda Raffaella Carrà: Una mamma

Barbara Boncompagni: Per noi era una mamma e sembrava Mary Poppins

Corriere della sera, pagina 21, di Emilia Costantini.

«Dentro casa era un ciclone, me la ricordo come Mary Poppins». Barbara Boncompagni aveva solo 5 anni quando Raffaella Carrà iniziò la sua convivenza con il padre Gianni. «Papà era un uomo che viveva da solo con tre figlie e si può immaginare in che stato abbia trovato la casa Raffaella quando venne a vivere da noi. Io ero la più piccola e per tutte noi fu come una mamma. Avevamo in comune anche Il fatto che lei da bambina era stata abbandonata dal padre, noi dalla madre».

Come è stato Il vostro rapporto?
«Di grande complicità. Con me in particolare, che poi ho proseguito la mia strada nel mondo dello spettacolo, è stata una maestra. Sin da ragazzina mi portava con lei in tournée, potevo vedere il modo in cui si preparava. Era dotata di una grande serietà, ma anche di grande leggerezza, non faceva mai pesare le sue scelte. Raffaella si è dedicata interamente alla sua carriera, al suo talento ha sacrificato molto della sua vita privata».
Anche la sua vita di donna?
«Ha sacrificato la possibilità di diventare madre. Non ha avuto figli perché, quando era molto giovane, diceva che un figlio non si può mettere in valigia e portarlo con te in giro per le piazze, non ha senso… Quando poi, intorno ai 40 anni, si sentiva più pronta alla maternità, la natura le disse: no, carina, non decidi tu, decido io… E Raffaella ha accettato questa condizione, non si è imbarcata in un accanimento terapeutico. Ma era molto contenta del fatto che io avessi figli e, quando andavo a trovarla, mi raccomandava sempre: porta i tuoi gioielli!».
Una grande showgirl, però riservata…
«Riservatissima! Era consapevole di essere famosa e non amava andare troppo in giro in luoghi pubblici. Diceva se vado nei ristoranti, o a certe manifestazioni, le persone mi riconoscono, mi fermano e magari giustamente mi chiedono la foto, l’autografo… lo preferisco stare nell’ombra. Non amava fare la diva. Proveniva da una storia familiare semplice, era dotata di una umiltà impressionante, grande pudore, detestava le celebrazioni. Si sorprendeva quando le giungevano, inaspettati, dei riconoscimenti importanti. Non era presenzialista, non amava fare l’ospite e parlare di sé, andava in certe trasmissioni solo per presentare qualche suo nuovo progetto. E a volte scherzava sul fatto di essere diventata un’icona gay. Ridendo si chiedeva ma perché i gay mi amano tanto?».

Nella quotidianità familiare che tipo di donna era?
«Certo, non proprio una casalinga e mi meravigliò una volta quando, tornata dalle FiIippine, mi raccontò con sorpresa che a Manila aveva visto dei centri commerciali grandissimi, con tanti negozi. Io, scherzando, le risposi: Raffa, i centri commerciali ci sono anche in Italia! E lei: ah sì? Ma io non ci vado! Però, poi, siccome papà adorava frequentare Ikea, lo accontentava e tutte le volte che lui decideva di andare, lo seguiva. Addirittura, per un compleanno di mio padre, andarono insieme a Decathlon e gli fece il regalo di fargli comprare tutto quello che desiderava».
Ha ricevuto da Raffaella consigli sul piano professionale?
«Ci confrontavamo spesso. Lei seguiva il mio percorso di autrice televisiva e anche recentemente, per il programma La canzone segreta, lei guardava con attenzione le puntate e poi mi esprimeva il suo pensiero, ma sempre con rispetto e discrezione. Era delicata anche nelle osservazioni. D’altronde Raffa ha navigato in tantissimi generi di programmi e, se avesse voluto, aveva parecchio da insegnare. Ma lei non lo faceva, non l’ho mai sentita fare un commento su qualche suo collega».
(Continua su Corriere della sera)

 

(Nella foto Raffaella Carrà)