Pubblicato il 05/07/2021, 19:04 | Scritto da La Redazione

Paolo Beldì, un genio della regia tv

Paolo Beldì, quel «casual studiato» tra rigore e creatività

Corriere della sera, pagina 47, di Aldo Grasso.

Paolo Beldì è stato giustamente ricordato per la sua scrittura, per quello che potremmo chiamare il suo tratto distintivo: catturare immagini incongrue, tipo il sonnellino di uno spettatore o le scarpe di un ospite, e proporle come una sorta di controcanto alla conduzione del programma. Era nata con ironia una nuova retorica del primissimo piano, non più basata sul volto del conduttore o degli ospiti, ma su minuzie fino a quel momento ritenute superflue: stringhe, polsini, calze, colletti, sbadigli… Per lui il dettaglio era tutto, in senso letterale. Era cresciuto alla scuola di Beppe Recchia, il regista che ad Antenna 3 Lombardia aveva messo in scena gli ultimi scampoli del varietà classico, trovando una forma alla necessità e alla sgangheratezza (Recchia aveva esordito nel cinema sperimentale e ora dirigeva dirette di quattro ore, apparentemente senza capo né coda), e posto le premesse per i ribollenti anni Ottanta di Mediaset.

Prima di tutto, Beldì era un artigiano, conosceva alla perfezione la macchina, curava ogni dettaglio e il suo più grande merito è stato proprio quello di aver portato in Rai una sorta di «casual studiato», a metà fra la scuola del rigore di Antonello Falqui e quella più creativa di Enzo Trapani. Beldì ha avuto il coraggio di trasferire in Rai la scrittura delle tv locali e quella deli anni d’oro di Mediaset. È stato il regista che più di tutti ha saputo giovarsi dell’introduzione del formato 16:9, sfruttando a pieno il taglio orizzontale della nuova cornice e permettendo una più ampia libertà alle telecamere.
(Continua su Corriere della sera)

 

(Nella foto Paolo Beldì)