Pubblicato il 05/07/2021, 11:32 | Scritto da La Redazione
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Come funziona (male) la Rai. E come potrebbe essere venduta

Come funziona (male) la Rai. E come potrebbe essere venduta
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: secondo l’articolo 21 della legge Gasparri del 2004, al massimo nel giro di sei mesi, cioè entro il 5 novembre 2004, sarebbe stato «avviato il procedimento per l'alienazione della partecipazione dello stato nella Rai». Come? Con il collocamento in Borsa tramite «un'offerta pubblica di vendita», inizialmente di una quota di minoranza. Da allora sono trascorsi 16 anni e nemmeno un'azione è stata venduta. Conseguenze? Disastrose.

Cambia il Consiglio Rai, ma a nessuno interessa che cambi la Rai

Affari&Finanza de La Repubblica, pagina 14, di Sergio Rizzo.

Non affannatevi a cercarlo: Il commissario Montalbano non c’è. Nell’archivio di RaiPlay, la piattaforma che offre gratis tutti i contenuti della tivù pubblica, manca proprio la serie più popolare che a ogni replica manda in tilt l’Auditel. Intendiamoci, non è che Montalbano per RaiPlay sia uno sconosciuto. Troverete le puntate de Il giovane Montalbano, quelle sì. E decine di interviste ad attori, produttori e tecnici, da Unomattina a Rainews24 alla Vita in diretta. Ma una puntata che sia una della celeberrima fiction nata dalla penna felice di Andrea Camilleri con Luca Zingaretti protagonista, quella no. È disponibile giusto qualche giorno dopo che la replica è andata in onda sulla rete in chiaro, poi scompare.

La ragione? Il contratto con Palomar, la società fondata da Carlo Degli Esposti (e ora controllata dalla francese Mediawan) che da sempre produce la serie. I diritti li hanno loro e non li mollano. Una bazzecola, d’accordo. Ma questa bazzecola della piattaforma web di una corazzata come la Rai che non può rendere disponibile agli utenti le puntate del suo programma più visto dice tutto a proposito di come funziona la tivù di Stato. Cioè male. E funziona male per la stessa ragione di sempre: perché l’interesse preponderante che la governa va ben oltre la sua missione ufficiale, quella di industria culturale del Paese.

È l’interesse della politica, con tutto il resto che passa in secondo piano nonostante la buona volontà di chi ancora lì dentro (e ce ne sono) crede a quella missione ufficiale. Basta dare un’occhiata al consiglio di amministrazione nominato da una maggioranza egemonizzata dal M5S, lo stesso che si proponeva di liberare il Paese dalla morsa dei partiti e ha invece partecipato consapevolmente alla più brutale lottizzazione della Rai da molti anni. Lottizzato il cda, lottizzate le reti e lottizzata l’informazione, con i telegiornali nei quali gli amanti del genere possono apprezzare il rifiorire del pastone politico in auge al tempo della Prima Repubblica, nel quale non si nega una dichiarazione, rigorosamente senza domanda, all’esponente di ogni partito.

Il bilancio della Rai

Per non parlare della gestione economica, che ha pure il suo peso trattandosi di una società di proprietà dei contribuenti. Dal 2018 il bilancio della Rai ha chiuso sempre in “sostanziale pareggio”. E sarebbe già qualcosa, considerando il contesto. Peccato che il “sostanziale pareggio” non abbia impedito alla posizione finanziaria netta negativa di passare da 210 milioni del 2017 a 523,4 milioni del 2020, il che indica un peggioramento di oltre 313 milioni. Ossia del 149% in soli tre anni, e senza la scusante della pandemia. Tanto è vero che la performance peggiore è attribuibile al 2019, anno in cui la posizione finanziaria netta negativa della Rai è aumentata di ben 184 milioni, contro 54 dell’annua horribilis 2020.

Questa l’eredità da dimenticare che l’attuale gestione lascia alla prossima. E qui, se è inutile illudersi sul Consiglio visto che i suoi componenti saranno decisi dagli stessi che hanno nominato questi, sarebbe invece lecito attendersi un radicale cambio di passo almeno nella scelta dell’amministratore delegato e del presidente. Sempre che il premier Mario Draghi e l’azionista della Rai Daniele Franco, ministro dell’Economia, se la sentano di mettersi contro tutti: maggioranza e opposizione. Naturalmente c’è da augurarselo, ma è anche vero che fino a quando la Rai sarà in mano ai partiti per mezzo di quel folle anacronismo della Commissione parlamentare di vigilanza, le cose non potranno mai cambiare.
(Continua su Affari&Finanza de La Repubblica)

 

(Nella foto la sede Rai di viale Mazzini)