Pubblicato il 29/06/2021, 19:03 | Scritto da La Redazione
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Myrta Merlino: Il Covid mi ha insegnato a essere più me stessa in televisione

Myrta Merlino: «Il talk cambia, nuovi modi di fare tv»

Corriere della sera, pagina 43, Paolo Conti.

Myrta Merlino, l’11 giugno ha chiuso L’aria che tira dopo un anno dominato dall’emergenza Covid. La tv italiana è cambiata, soprattutto i talk. Come?
«È stata la stagione più dura della mia vita professionale. Niente certezza degli ospiti in studio: solo collegamenti Skype spesso incerti e annullati all’ultimo momento».
Quale insegnamento avete ricavato dall’emergenza?
«Che si può fare un talk persino senza ospiti e senza pubblico in studio restando sull’attualità. Abbiamo scoperto un altro modo di fare tv. La7, sulla carta, poteva essere la Rete più danneggiata dall’emergenza: solo informazione e attualità in diretta. Invece siamo stati gli unici a non sospendere appuntamenti, a non rivedere Il palinsesto. Io non amo lo smart working, ma si può fare: ho condotto la trasmissione da casa quando abbiamo avuto casi di positivi in studio».
Come è cambiato il programma?
«La sofferenza diffusa mi ha spinto ad essere più me stessa. Meno la conduttrice giornalista e più la vera Myrta Merlino, persona con le emozioni, le autentiche reazioni».
Un esempio?
«Non mi era mai capitato di piangere in tv. Quest’anno mi è successo. Abbiamo combattuto battaglie per tanti dimenticati: il diritto al vaccino per i più fragili, mille realtà accantonate e che abbiamo imposto alla ribalta. Non solo, ma abbiamo dato voce a tutti, anche ai no vax. O a certi ristoratori o piccoli imprenditori che hanno atteso per mesi i ristori per vederseli poi pignorare sui conti correnti per le cartelle esattoriali. Pezzi di storie umane che non sarebbe possibile liquidare facilmente nell’antagonismo. Il risultato è stato positivo: il mio rapporto col pubblico si è rafforzato moltissimo»

Da cosa lo deduce?
«Abbiamo creato un indirizzo di posta intitolato “Dillo a Myrta”, un luogo di ascolto per chi non ne aveva da nessuna parte. Sono arrivate 130.000 lettere, in massima parte di donne. E proprio con le storie di tante donne sto lavorando a un libro».
Perché un volume solo di donne?
«Perché è il pezzo di società ad aver pagato il prezzo più alto dell’emergenza. La fragilità della condizione delle donne precarie è apparsa in tutto il suo contrasto rispetto al mondo dei garantiti. Un solo esempio: quello di Liuba, ragazza madre che lavorava nell’indotto di Amazon a Bologna nel settore logistico della preparazione delle scatole. Aveva un bimbo di pochi mesi e un solo turno alle 5.30, pena la perdita del posto di lavoro. Impossibile trovare un nido a quell’ora e nemmeno parenti. E così si è portata il piccolo al lavoro, facendolo dormire in una scatola accanto a lei. Una storia struggente raccontata in diretta: come fa un vero servizio pubblico».
(Continua su Corriere della sera)

 

(Nella foto Myrta Merlino)