Pubblicato il 16/05/2021, 12:06 | Scritto da La Redazione

Carlo Freccero risponde a Luttazzi: La Rai non fa più servizio pubblico, rincorre audience e profitti

Freccero: «Caro Luttazzi, su Rai e censura ti sbagli»

Il Fatto Quotidiano, pagina 10, di Carlo Freccero.

Se dovessimo prendere alla lettera le affermazioni di Luttazzi, dovremmo concludere che, chiunque non abbia la possibilità di allestire un suo programma in Rai, pagato secondo le sue aspettative, sia un censurato. È come se Luttazzi fosse impermeabile allo scorrere del tempo. Il suo universo si è cristallizzato in un anno, il 2001, in cui è stato oggetto di processi che anch’io ho subito. Avrei voluto dargli una possibilità. Si è riproposto scrive lui, con le stesse tariffe di 12 anni prima e chiedendo assoluta libertà di espressione. Nel frattempo il mondo era cambiato e oggi lo è molto di più. In quanto alla valutazione dei compensi direi che sono stati svalutati. Il meccanismo dell’austerity ha prodotto, invece della svalutazione della moneta, una svalutazione feroce dei salari. Oggi l’Italia è un Paese di poveri. Oggi potersi esprimere liberamente è già di per sé un privilegio. E chi ha qualcosa da dire lavora su Internet gratis o, al massimo, col contributo economico dei suoi ascoltatori.

Io stesso ho accettato di dirigere la Rai senza compenso. Non solo, ho dovuto pure pagare le tasse sulle trasferte per servizio. Anche Fedez, comunque si vogliano valutare le sue affermazioni, quando ha denunciato la censura, ha potuto comunque dichiarare di non avere ricevuto compenso per il suo intervento. Luttazzi chiedeva un compenso di base di 100 mila euro a puntata come conduttore/autore a cui doveva essere aggiunto il compenso per altre voci, per un totale che, anche se non venne mai negoziato direttamente, era in ogni caso troppo al di fuori della possibilità della rete. Per questo non vi furono ulteriori trattative, che tra l’altro non competevano a me, ma al settore amministrativo.

La Rai non è più servizio pubblico

E veniamo al secondo argomento che Luttazzi sembra non comprendere: la compatibilità della singola trasmissione con la linea editoriale della rete è il raggiungimento dell’audience preventivata. Una volta la Rai aveva funzioni di servizio pubblico, sostenute dal canone. Oggi deve fare quadrare i suoi bilanci e questo implica due conseguenze: il ridimensionamento dei compensi e la ricerca dell’audience per ottenere pubblicità. Oggi il problema principale della Rai è il problema di qualsiasi azienda che deve essere produttiva. Può pagare compensi elevati solo in presenza di un ritorno economico. In ogni caso deve rispettare una linea editoriale e un’audience concordata con i pubblicitari.

All’interno di un’azienda industriale, come oggi di fatto è la Rai, non c’è censura, ma ricerca del profitto. Nessuna azienda acquisterebbe un prodotto da vendere al pubblico senza prima prenderne visione. Dal mio punto di vista non potevo prendere Luttazzi a scatola chiusa senza sapere quanto il prodotto che mi proponeva fosse compatibile con la Rai2 del 2019. Dopo 20 anni non conoscevo la sua nuova produzione, ma sapevo che la vecchia non era compatibile con la Rai di oggi. La Rai2 del 2001 era tutta basata sulla satira, la Rai2 del 2019 non aveva spazio per performance solitarie, ma solo per un lavoro di gruppo. Quella che Luttazzi legge come censura è semplicemente ricerca dell’audience.

 

(Nella foto Daniele Luttazzi)