Pubblicato il 07/05/2021, 11:32 | Scritto da La Redazione

Tutti vogliono guidare la Rai, meno uno: Andrea Scrosati

Andrea Scrosati: «Guidare la Rai? No grazie, Draghi saprà scegliere il meglio»

La Stampa, pagina 15, di Paolo Festuccia.

La Rai è tornata al centro dello scontro politico. E, il Concertone dello scorso Primo maggio ha avviato il ricambio dei vertici aziendali giunti, peraltro, a fine mandato. Con l’arrivo del rimpasto a viale Mazzini torna anche il toto-nomi. E in cima alla lista dei top manager indipendenti c’è quello di Andrea Scrosati, ex Sky, Chief Operating Officer di Fremantle, il colosso che opera in 31 Paesi del mondo e che nello scorso anno ha realizzato 57 tra serie tv e film e 480 programmi di intrattenimento. Insomma, il suo nome è tra i più gettonati.

Se dovessero chiederle di guidarla cosa risponderebbe?
«Risponderei che la Rai è un’azienda straordinaria e guidarne il cambiamento sarebbe un onore. Ma sono convinto che quando si inizia un percorso professionale serietà e trasparenza impongono di portarlo a termine senza abbandonare in corsa. L’impegno che ho assunto con Fremantle e il nostro azionista Bertelsmann di sostenere la crescita internazionale del nostro gruppo è una sfida che condivido con colleghi e partner di rara qualità professionale e umana. Per questo per me è oggi impensabile cambiare. Sono certo che il premier Draghi identificherà un team di manager che daranno alla Rai la centralità che si merita fino in fondo nel sistema culturale del Paese».
Abbiamo capito che è un no. Senta, però, la pandemia è stata un’opportunità perla tv o al contrario una brutta parentesi?
«La pandemia ha accelerato un processo che era già in corso: la diffusione in milioni di case delle piattaforme globali come Netflix, Amazon, AppleTv e la scelta di realtà come Disney, Warner e altre di dotarsi di una piattaforma distributiva per raggiungere direttamente il proprio pubblico, come appunto Disney+ e HBOMax. Questo significa che il mercato chiede sempre più contenuti originali, sia perché sono proprio i prodotti originali a trainare la crescita di queste piattaforme e sia perché, sempre a causa dei lockdown e del maggior tempo in casa, il consumo di programmi è aumentato in maniera esponenziale».

Quindi, paradossalmente è stata più un’opportunità…
«Un’opportunità proprio no. Perché il Covid ha comportato impatti negativi su molte produzioni, rendendo necessario a volte il loro rinvio, ha generato complessità notevoli di gestione, e ha fortemente colpito alcuni segmenti del mercato, basta pensare alle sale cinematografiche, ma è anche vero che i produttori di cinema e televisione, i brodcaster si sono velocemente attrezzati per ripartire in sicurezza, uno sforzo possibile grazie a una straordinaria capacità di adattamento, alle opportunità offerte oggi dalla tecnologia e anche al supporto ricevuto in molti Paesi dalle istituzioni».
E questo vale anche per le televisioni pubbliche come la Rai, la Bbc…
«Assolutamente. Peraltro, in particolare nei momenti di difficoltà, se da un lato il pubblico cerca evasione dall’altro ha bisogno di punti di riferimento a cui riconoscere credibilità ed autorevolezza, e questo è il ruolo naturale del servizio pubblico, qualsiasi sia il suo mezzo di diffusione, tv, radio, online. Credo sia una straordinaria opportunità che le televisioni pubbliche devono cogliere sino in fondo senza temere l’innovazione, anche e soprattutto nel ruolo di motori dell’industria culturale, confrontandosi sempre con le best practices internazionali».

 

(Nella foto Andrea Scrosati)