Pubblicato il 28/04/2021, 19:05 | Scritto da La Redazione
Argomenti: ,

ItsArt, Netflix della cultura, chi l’ha vista?

ItsArt, Netflix della cultura, chi l’ha vista?
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: la piattaforma voluta dal Ministero dei Beni e le Attività culturali, realizzato con un soggetto privato, non ha ancora preso vita. Cosa sta succedendo?

Niente spettacoli dal vivo. E neanche on demand

Panorama, pagina 24, di Stefano lannaccone e Carmine Gazzanni.

Che non potesse avere lo stesso successo di Netflix, lo avevano capito tutti fin da subito. Ma che dopo un anno dall’annuncio non fosse ancora partito nulla, rappresenta una delusione per molti. Specie per chi contava di raggranellare qualcosa in tempi di magra, dovuti alla pandemia. La cosiddetta «Netflix della cultura» è ancora ferma. Da ricercare alla voce «buone intenzioni». Il progetto si pone l’obiettivo ambizioso di sostenere il settore della cultura e dello spettacolo attraverso la vendita di spettacoli on demand. Come Netflix, insomma.

Al momento si conosce giusto il nome dell’iniziativa: ItsArt, crasi della dicitura Italy is Art. A gennaio è stato anche lanciato il sito. Si dirà: quindi è tutto pronto… Macché. A oggi l’home page annuncia il «coming soon», che tanto presto non è arrivato. Da allora sono trascorsi altri tre mesi e siamo al punto di partenza, impantanati all’annuncio che riferisce: «ItsArt è il nuovo palcoscenico virtuale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte, live e on demand, con contenuti disponibili in Italia e all’estero: una piattaforma che attraversa città d’arte e borghi, quinte e musei per celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme e offrirlo al pubblico di tutto il mondo».

Franceschini se ne lava le mani

Questi passaggi sono stati possibili dopo alcune procedure burocratiche. La società è stata costituita da Cassa depositi e prestiti (controllata del Ministero dell’Economia) che ne detiene il 51 per cento, e dalla società milanese Chili, nata nel 2012, che possiede il restante 49 per cento. Tra i fondatori figura anche Stefano Parisi, candidato del centrodestra alle ultime Regionali del Lazio e consigliere regionale fino a qualche mese fa. Una scelta che ha sollevato perplessità da parte delle opposizioni, in particolare per il mancato coinvolgimento della Rai. Il deputato di Fratelli d’Italia Federico Mollicone aveva chiesto «l’istituzione di un modello pubblico-privato, Rai Play plus, dove inserire tutti i contenuti delle piattaforme nazionali», domandando, allo stesso tempo, perché «si è andati a costituire una società di Cassa depositi e prestiti per salvare una società privata che ha un modello di business ormai superato?».

Sul tema il ministro per i Beni e le Attività culturali Dario Franceschini, in audizione alla Camera, ha declinato ogni responsabilità: «La Cdp, autonomamente, ha costituito una società e ha scelto, con una procedura selettiva, le parti private. In tutte queste procedure il ministero non c’entra». Insomma, Franceschini ci ha messo le idee, il resto sono cose che riguardano altri. Le prime titubanze sul progetto si sono manifestate di fronte al budget iniziale: in totale circa 20 milioni di euro, cui si aggiungerà un’ulteriore integrazione prevista dal ministero di Franceschini. Ma l’iniziativa appare pronta a finire nell’almanacco degli scivoloni web italici. Che in materia di turismo e cultura ha lasciato indelebili ricordi, come il sito Verybello.it, anche quello fortemente voluto dallo stesso ministro per promuovere il turismo italiano e chiuso alla chetichella a inizio 2017.

 

(Nell’immagine il logo di ItsArt)