Pubblicato il 19/04/2021, 19:05 | Scritto da La Redazione
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Luca Bernabei: La verità su Lux Vide

Un socio per la buona tv

L’Economia del Corriere della sera, pagina 1, di Federico De Rosa.

Non è solo una delle prime aziende in Italia ad aver investito sul mercato dei format, quando praticamente ancora non esisteva. Lux Vide, fondata nel 1992 da Ettore Bernbei è una mosca bianca in un mondo in cui i contenuti si stanno orientando verso nicchie spesso estreme. L’azienda di produzione romana è sempre andata in direzione opposta: ha iniziato producendo La Bibbia, venduta in 144 Paesi, e Guerra e Pace, a cui sono seguite serie popolarissime come Don Matteo, Che Dio ci aiuti, Un passo dal cielo, I medici, Sotto copertura fino al thriller finanziario Diavoli e alla serie evento Leonardo che si è appena conclusa. È stata la prima società italiana a vincere un Emmy Awards e con la co-produzione Coco Chanel ha ricevuto una nomination ai Golden Globe e due nomination agli Emmy Awards.

Lux Vide è una fabbrica integrata di contenuti e ha una sua nicchia molto precisa: «Quella che gli americani chiamano good feeling content» spiega Luca Bernabei, amministratore delegato che guida insieme alla sorella Matilde, presidente. Questa specializzazione non fa solo premio sui risultati – il 2020 si è chiuso con il valore della produzione in crescita a 80 milioni di euro – ma sembra interessare molto anche i competitor, che si sono fatti avanti per studiare possibili combinazioni. Sono circolati i nomi di Sony e Fremantle, «ma ce ne sono altri» ammette Bernabei, «la nostra è un’azienda particolare che da 30 anni  fa un tipo di contenuti che altri non fanno e adesso sono molto ricercati dall’estero».

Lux Vide non è certamente la prima ad avere ricevuto avance dai produttori stranieri.
«È vero, ma Lux Vide è un’azienda diversa, è sempre stata stata coerente con la sua linea editoriale, una sua storia e un’idea che è rimasta quella del fondatore, mio padre Ettore Bernabei. Quando parlava di tv la paragonava agli acquedotti e diceva che ce ne sono molti, ma non c’è nessuno che produce acqua pulita. Lui voleva fare questo e a 73 anni trovò dieci amici illuminati tra cui Giovanni Bazoli, Giampiero Pesenti, Alberto Falck, Francesco Merloni e altri interessati al progetto di un’azienda che facesse prodotti per famiglie, che potessero essere visti da chiunque. Il primo progetto fu la Bibbia, visto che dai tempi di Gutenberg nessuno aveva fatto qualcosa di nuovo per rappresentare il libro più bello del mondo. I finanziatori li trovò in America, mica tra i cattolici, fu un gruppo di ebrei a produrre la Bibbia con Ted Turner come produttore. Da allora la linea editoriale di Lux non è mai cambiata».
Non pensa che con dei nuovi soci potrebbe cambiare?
«Negli anni il mercato è andato sempre di più verso una direzione di nicchie: non si fa più la serie sull’eroe, ma sull’antieroe, si fanno le fiction per target molto ristretti, la serie violenta, quella trasgressiva. Lux Vide è rimasta sempre coerente e ha sviluppato un target preciso che è un valore dal punto di vista del marketing. Facciamo quello che in Usa chiamano good feeling content e faith value content, contenuti positivi e contenuti spirituali, ed è proprio questo che ci rende interessanti per le aziende straniere, perché non c’è chi fa questo tipo di contenuto. Il mercato americano è saturo e cerca la creatività europea. Noi sono 30 anni che intratteniamo il pubblico senza sconvolgerlo».

Fremantle e Sony sono i possibili acquirenti?
«Ci sono anche altri gruppi interessati a noi perché non solo siamo abituati a fare bene il nostro lavoro e facciamo margini e utili, ma perché siamo produttori puri di contenuti. Chi arriva qui trova una fabbrica: dall’ideazione con lo sviluppo del soggetto nelle writers rooms, al casting che facciamo in-house, alle riprese nei quattro studi di cui siamo proprietari fino alla postproduzione in tutte le sue fasi. Abbiamo anche una colorist che si occupa i dare ai contenuti più importanti quell’impostazione fotografica e di luce caratteristica di Lux Vide. Ecco perché arrivano qui. Siamo come la moda negli anni ‘70».
State cercando un compratore o un socio?
«Ci sono alcuni degli azionisti che avevano affiancato mio padre alla fondazione che dopo 30 anni vorrebbero veder valorizzato il loro capitale tenuto fermo, che nel frattempo ha moltiplicato il suo valore, anche perché non abbiamo mai distribuito dividendi. Lo trovo giusto».
Lei uscirà?
«Sono 31 anni che faccio il produttore, vedremo quali saranno le soluzioni ma il management rimarrà. È una delle tre condizioni che abbiamo posto: mantenere inalterata la linea editoriale; confermare il management per almeno 5 anni e mantenere una connotazione che non sia solo nazionale ma transnazionale, perché vogliamo continuare a fare un prodotto che va in giro per il mondo. Siamo l’unica casa di produzione in Italia, con Wild Side, che produce in inglese, l’anno scorso il 40% delle serie. E reinvestiamo il tax credit».

 

(Nella foto Luca Bernabei)