Pubblicato il 31/03/2021, 17:33 | Scritto da Gabriele Gambini

Mitch: Con Scemi da matrimonio dissacriamo la sacralità delle nozze

Mitch: Con Scemi da matrimonio dissacriamo la sacralità delle nozze
Giovanni Mencarelli, in arte Mitch, e Gilberto Penza, in arte Gibba conduttori radiofonici di Radio 105, grazie ai loro complici, seminano il panico durante i matrimoni con scherzi e trovate irriverenti su Tv8.

Ad accompagnare Mitch e Gibba durante Scemi da matrimonio su Tv8 Adriana Volpe, Giovanni Ciacci, Herbert Ballerina, Raffaella Fico, Melita Toniolo e Michela Persico.

Chi sta al mondo da più di trent’anni, se lo dovrebbe ricordare, il Davide Mengacci di Scene da un matrimonio. Ostentazione tricologica di un pel di carota brillante, raccontava le nozze della gente comune con la favella di chi sa che il matrimonio è la ciliegina su una torta che magari nei decenni a venire ci si pente di aver mangiato, ripescandola dallo stomaco in fregola esistenzial-bulimica. Il culmine del suo show era il racconto delle camere in cui si svolgevano i preparativi.
«Questa è la camera della sposa, questa è la camera dello sposo», diceva il Mengacci nazionale, servendo bella fresca la spremuta di fiori d’arancio.

Ma immaginate se il conduttore, da anfitrione al miele, si fosse trasformato in perculatore seriale. Organizzando uno scherzo in cui far credere al marito – a volte è sufficiente ispirarsi ai fatti reali – che la futura moglie lo avesse tradito, o viceversa. Scherzi a parte incontra Scene da un matrimonio. Scemi da matrimonio, in onda su TV8 ogni mercoledì in seconda serata, fa quella cosa lì. Rielabora la candid camera vecchia maniera, provando a riattualizzarla col gusto degli scherzi da youtuber durante le nozze di coppie medio borghesi. Grazie a complici pescati tra gli invitati o tra gli sposi stessi. Gli officianti sono il duo Mitch e Gibba (al secolo Giovanni Mencarelli e Gilberto Penza, voci storiche di Radio 105). Mitch, volto de Le Iene, musicista, produttore, guascone, spiega a TvZoom che durante alcune burle a momenti volavano le botte.

Siete destabilizzatori seriali.
L’obiettivo del programma è quello: destabilizzare le nozze di persone comuni, rendendole divertenti.
Introducete il pecoreccio profano in un evento sacro. Siete dei post-moderni.
Roviniamo in un certo senso la sacralità dell’evento, ma chi dice che questo non lo renda ancor più indimenticabile? Le nostre vittime non sono vip, sono persone comuni, ciò rende le reazioni imprevedibili, perché si ha a che fare con persone non abituate a gestire l’imprevisto o a sospettare di uno scherzo a telecamera nascosta.
La difficoltà maggiore nel realizzare il programma?
Convincere i complici a collaborare con noi. Un salto nel buio, nessuno avrebbe potuto prevedere le reazioni delle vittime. Non scordando che abbiamo lavorato con una squadra ridotta a causa delle norme anti-Covid, già penalizzanti per le cerimonie stesse.
Un momento particolarmente bizzarro?
Un testimone dello sposo si è scagliato contro un nostro complice, voleva suonarlo come un tamburo. Il nostro attore è stato molto bravo nel gestire la situazione.
Siete stati molto cattivi.
In una puntata abbiamo simulato l’arresto dello sposo. I carabinieri lo hanno atteso a cerimonia conclusa per portarlo in galera. La sposa era disperata, si chiedeva con chi scattare l’album di foto, dopo tanta fatica fatta per prepararsi (ride, ndr). La valenza di uno scherzo è soggettiva, le reazioni sono state molto diverse di puntata in puntata.
A che cosa vi siete ispirati per imbastire le burle?
Spesso a fatti di cronaca. Scrivevamo un canovaccio, poi lasciavamo spazio all’improvvisazione progressiva.
Lei è sposato. Se le avessero organizzato uno scherzo cattivo durante le sue, di nozze?
Ci sarei rimasto male, senza dubbio. Il matrimonio è quell’evento spesso sognato in cui tutto deve funzionare alla perfezione. In caso di scherzo cattivo, mi sarei pure arrabbiato. Ma poi avrei capito.

Lei è un burlone che però in passato ha pure indossato la divisa della Benemerita, con la quale c’è poco da scherzare.
Ho fatto il militare nell’Arma dei Carabinieri, confermo. Mio padre era carabiniere, io sono cresciuto con un sistema di valori che attinge anche da lì. Andò così: frequentavo l’università, ero iscritto a Giurisprudenza, litigai con un docente sulla valenza di un esame. Decisi di non effettuare il rinvio universitario e di sperimentare la naja.
Perfetto per il format La caserma, allora.
A essere sincero, non sono contrario a reintrodurre l’obbligo per i giovani di un anno al servizio del bene comune. Insegna il rispetto delle regole e fornisce un esempio caratterizzante. A patto che sia svolto con tutti i crismi, senza eventuali episodi di nonnismo, beninteso.
Insegna a reagire bene anche alle porte chiuse in faccia durante la carriera?
Io ne ho prese così tante che non me le ricordo neanche più. L’importante è accusare il colpo con stile.
Ma alla fine ha trovato la sua collocazione nel mondo dello spettacolo.
Sono partito su internet quando ancora youtube non esisteva. Sperimentavo con Myspace. Era un’epoca pionieristica. Oggi ci sono mezzi accessibili, ma è più difficile emergere, la concorrenza è agguerrita.
Che cosa l’ha sempre accompagnata nel suo percorso?
La musica. Fin da ragazzino ho provato a cimentarmi con testi e parole. Che poi sono diventati brani di buon successo. Senza perdere mai la leggerezza: il mio primo disco conteneva una canzone d’amore per Anna Tatangelo nata per divertimento.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Mitch e Gibba)