Pubblicato il 29/03/2021, 15:04 | Scritto da La Redazione

Paolo Bassetti: Vi racconto la Tv ai tempi del Covid

Paolo Bassetti: Vi racconto la Tv ai tempi del Covid
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: «La pandemia ha incrementato la domanda dei consumatori, generando un aumento della concorrenza e competitività tra i big player: abbiamo dovuto adeguare business model e adottare nuove strategie. Abbiamo creato un sistema di bolle», così l’amministratore di Banijay.

Paolo Bassetti: «I diritti tv italiani devono restare nel nostro Paese. No al mordi e fuggi»

L’Economia del Corriere della sera, pagina 15, di Federico De Rosa.

Produzioni interrotte, studi televisivi chiusi, autori o showman in quarantena o con il virus. Il 2020 è stato un anno di stravolgimenti anche per chi produce spettacoli o fiction. «La pandemia ha avuto un impatto molto forte, abbiamo dovuto reinventare il modo di lavorare. Abbiamo avuto alcuni ritardi, ma le produzioni principali come Grande Fratello, MasterChef, L’Eredità o Il Paradiso delle Signore sono andate avanti». A un anno di distanza Paolo Bassetti può guardare indietro con una certa soddisfazione. Banijay, il primo gruppo indipendente nella produzione di contenuti al mondo, di cui è country manager per l’Italia «è stata messa subito in sicurezza con interventi “chirurgici”, e il fatto di avere una presenza capillare nel mondo, essere poco sbilanciati sullo scripted (film e serie tv, ndr) ed essere in molti Paesi ci ha permesso di fare meglio del mercato – racconta il manager -. Abbiamo registrato, come gruppo, una contrazione del 14% contro il 38-40% dei nostri competitor che fanno più scripted e, a differenza di altri, non abbiamo canali».

Durante il lockdown è aumentato vertiginosamente il consumo di contenuti multipiattaforma. Avete retto il passo?
«Il Covid ha incrementato la domanda dei consumatori generando un aumento della concorrenza e competitività tra i big player, quindi Banijay ha dovuto adeguare business model e adottare nuove strategie. Abbiamo creato un sistema di “bolle” nelle produzioni in modo che, dalle persone alle cose, tutto vivesse in una bolla di sicurezza. Così siamo andati avanti con quasi tutte le produzioni. Altre sono state annullate o posticipate».
Adesso va meglio?
«Ora siamo più strutturati all’emergenza grazie al grande lavoro che ha fatto il team in Italia. Banijay ha la fortuna di avere azionisti forti come LOV Group, Vivendi e il gruppo DeAgostini che ci hanno permesso di crescere, e la visione di Stéphane Courbit e di mio fratello Marco che hanno creato questo percorso incredibile: in 11 anni Banijay è passata da 300 milioni di fatturato a quasi 3 miliardi. Abbiamo 120 società in 22 Paesi e siamo l’unico gruppo europeo, nel mondo, che compete con i grandi gruppi internazionali non europei e con una forte componente italiana con DeAgostini e un ad italiano. Molti nostri competitors ci hanno criticato per poi vendere a gruppi internazionali. Oggi in Italia i più grandi gruppi di produzione indipendente appartengono a multinazionali».

Dallo Stato avete avuto qualche tipo di aiuto durante la pandemia?
«L’unico buon sostegno è stato l’aumento del tax credit, a cui il governo, grazie al ministro Franceschini, ha aggiunto un 10% in più. È una buona misura, ma andrebbe migliorata e ampliata ad esempio includendo l’unscripted (i programmi senza copione, ndr). Senza dubbio oggi la contrazione delle entrate pubblicitarie delle reti sta mettendo sotto pressione i bilanci delle case di produzione e il tax credit aiuta. Bisogna tuttavia attivare un dialogo aperto e trasparente con tutti i player del settore. Ma per far crescere l’industria dell’audiovisivo bisogna soprattutto tutelare la proprietà intellettuale affinché si possa premiare il valore e la forza editoriale dei contenuti».
Un tax credit che arriva quasi al 40% è già un bell’aiuto.
«Certo, ma il tax credit non deve essere solo un metodo per abbassare il costo orario delle produzioni, in cambio dobbiamo poter avere dei diritti che poi possiamo vendere e valorizzare anche all’estero, e reinvestire quello che si è defiscalizzato. Il tax credit è una risorsa dello Stato ai produttori italiani molto vantaggiosa rispetto ad altri Paesi, ma il rischio è che le società vengano qui, in Italia, in regime di agevolazione a fare mera produzione esecutiva, prendano il tax credit e portino poi i diritti all’estero, lasciando ai coproduttori la fetta meno ricca, facendoci fare solo da line producer».

 

(Nella foto Paolo Bassetti)