Nell’anno nero della pubblicità si salva solo la TV
L’anno difficile dei top spender in difesa con la tv
Il Sole 24 Ore, pagina 19, di Andrea Biondi.
A primo posto Volkswagen; al secondo Ferrero; al terzo Barilla. L’annus horribilis della pubblicità non cambia il podio dei “top spender” di un mercato pubblicitario piegato dall’emergenza Covid e in culi principali investitori hanno fatto meglio della media quanto a spese in comunicazione, ma senza invertire il trend generale. Ne è risultata una minima crescita nella quota di mercato – per i 20 principali investitori in Italia è salita dal 22% al 23% della spesa totale in advertising -, ma anche una propensione a serrare i ranghi, puntando sulla Tv.
Le elaborazioni Dentsu su dati Nielsen digital weekly restituiscono l’immagine di un novero di top spender che hanno iniettato sul mercato italiano il 10% in meno di risorse: 1,1 miliardi con 128,6 milioni persi in un anno e 159,3 milioni in meno rispetto all’investimento del top 20 del 2019. Flessione a due cifre, figlia del disimpegno in conseguenza del Covid, ma pur sempre inferiore al 15,3% del “perimetro tradizionale” di Nielsen: quello che lascia fuori Facebook, Google, Amazon, Twitter, la crescente Tik Tok che sono solo stimati da Nielsen, non essendo dichiarati a monte.
Resiste la Tv
Nell’anno peggiore della pubblicità, gli investitori hanno quindi fatto perno sulla Tv – mezzo con le più ampie coperture – che ha visto aumentare il suo peso sugli investimenti pubblicitari dei 20 top spender «passando dal 76% al 79% del totale» spiegano Enrica Bellinato, Head of Media Research Dentsu e Cristina Ruffino, Media Researcher Dentsu. Gli 875,6 milioni pompati nel settore Tv sono comunque il 7% in meno degli investimenti dei 2019. Meglio, come trend, ha fatto solo il digital (-6%, passando dall11% al 22% del totale) mentre i cali sono stati ben più ampi per gli altri mezzi: -29% per i magazine e -30% per i newspaper (entrambi fermi all’1% come peso sul totale degli investimenti del top spender); -27% per la radio (dall’8% al 6%, confermando l’idea che si fa sempre più strada dell’osmosi radio-tv); -49% per l’out of home e -82% per il cinema (praticamente azzerati dalle limitazioni per la pandemia).