Pubblicato il 18/03/2021, 19:02 | Scritto da La Redazione
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Piero Angela: Festeggio i 40 anni di Quark

Piero Angela: Festeggio i 40 anni di Quark
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: il divulgatore più famoso d’Italia racconta come nacque il programma scientifico che cambiò la nostra tv.

Angela, 40 anni di scienza (spiegata bene)

Corriere della sera, pagina 24, di Elvira Serra.

Dov’era la sera del 18 marzo di quarant’anni fa?
«Eh, beh, lo ricordo molto bene… Eravamo andati tutti insieme a vedere il programma a casa di uno degli autori, intrecciando le dita perché era una novità per l’epoca. Però andò molto bene: avevamo fatto 9 milioni di spettatori».
Ed era una seconda serata!
«Sì, prima di noi c’era Dallas. La televisione allora era molto diversa, anche le prime serate con i grandi spettacoli di varietà duravano un’ora. La terza serata cominciava alle 22.30».

Piero Angela, 92 anni, «nonno», ormai, della divulgazione scientifica in Italia, risponde al telefono con la stessa generosità e gentilezza con cui frequenta le nostre case da quasi 70 anni, prima con il Giornale Radio, poi le corrispondenze da Parigi e Bruxelles, il Tg delle 13.30, i documentari e, nel 1981, la rivoluzione copernicana: 55 minuti di approfondimento scientifico introdotti dall’Aria sulla quarta corda di Bach e un nome che era già una dichiarazione di intento. Quark: la minuscola particella che si trova nel nucleo degli atomi. Con Lorenzo Pinna, Giangi Poli e Marco Visalberghi avrebbe cambiato la televisione per sempre.

Di cosa è più orgoglioso?
«La cosa che mi gratifica di più è avere inciso nella formazione dei ragazzi. Quando ancora giravo per le scuole, in tantissimi mi dicevano: “Sono cresciuto a pane e Quark”, “Ho scelto la facoltà scientifica dopo aver letto un suo libro”, “Mi sono appassionato alla materia guardando il programma”. Con il pubblico si è creato un rapporto speciale».
Seguaci illustri?
«Una volta mi scrisse due righe affettuose un italiano che era a capo di un gruppo di ricerca all’Università di Harvard. “Devo a lei se sono qui”».
Le avevano chiesto di creare il programma o fu una sua idea?
«Lo proposi io e con un po’ di scetticismo mi dissero di farlo: temevano che non avrebbe fatto grandi ascolti. Ma io, che da qualche anno facevo documentari, avevo voglia di misurarmi in un progetto di respiro più ampio».
Scenografia essenziale, nessun fronzolo, eppure Quark e i suoi «figli» furono venduti in 40 Paesi.
«Sì, ho ricevuto diverse cassette in cui parlo perfettamente giapponese o arabo! Lì mi aiutò il fatto che avevo registrato le puntate sia in francese che in inglese: alla fine di ogni sequenza, la rifacevo in entrambe le lingue, altrimenti nessuno le avrebbe guardate all’estero».

Imprevisti memorabili?
«Più che imprevisti, difficoltà tecniche: tante. Perché erano cose nuove che ci inventavamo ogni volta».
Mi faccia un esempio.
«Abbiamo fatto sette puntate del Viaggio nel cosmo, dove la scenografia era doppia perché io mi sdoppiavo sempre: da una parte ero in studio e dall’altra ero a bordo di un’astronave immaginaria che si muoveva alla velocità del pensiero e per questo si chiamava Noos, in greco pensiero. Lì il problema era simulare l’assenza di gravità come nelle stazioni spaziali».
E come risolveste?
«Con una serie di trucchi, venuti benissimo! Il segreto era il chroma key, la chiave di colore, grazie a una serie di sovrapposizioni. Un altro trucco bellissimo era quando scrivevo con la penna, poi la lasciavo per un attimo, si alzava in aria e la riacchiappavo».

 

(Nella foto Piero Angela)