Pubblicato il 15/03/2021, 15:03 | Scritto da La Redazione
Argomenti: ,

La guerra del calcio in Tv spiegata come si deve

I diritti tv del calcio: una pedina nella guerra sul futuro delle Tlc

Il Fatto Quotidiano, pagina 14, di Lorenzo Vendemiale.

Il pallone in realtà è una biglia e i ricchi presidenti, che si credono potenti, poco più di bambini che litigano per Sky, Dazn o i fondi d’investimento. Non si sono accorti che i diritti tv della Serie A stavolta sono solo un piccolo tassello di una partita molto più grande, dove giocano i veri top player, si fanno scelte strategiche per il futuro del Paese, si muove il riassetto di un mercato che vale miliardi. Da quasi tre mesi la Serie A è impantanata sull’assegnazione dei diritti tv 2021-2024, quelli che partono da settembre. Le opzioni sono due. Sky offre 750 milioni su satellite e digitale terrestre, ma non può trasmettere partite in esclusiva su internet (glielo ha vietato il Consiglio di Stato), quindi in parallelo propone l’avvio di un “canale della Lega” online. Dazn ha un’offerta più alta, 840 milioni per il campionato in streaming: 7 partite in esclusiva, 3 in condivisione (rivendute magari a Sky…).

La divisione dei club

I club come al solito si sono spaccati, non tanto fra le due proposte, quanto sull’ingresso dei fondi d’investimento. Una cordata guidata da CVC offre 1,7 miliardi per prendersi il 10% del torneo e gestirne la parte commerciale per almeno dieci anni. Mezza Serie A, i club più piccoli, più disperati, quei soldi li vogliono ad ogni costo perché sperano di aggiustare i bilanci. Le big invece no: Lotito, Agnelli, De Laurentiis per una volta sono dallo stesso lato della barricata per ragioni diverse, per non perdere potere o tenersi liberi in vista di un’ipotetica SuperLega europea. Il ricatto è “niente diritti tv senza fondi” e viceversa: uno stucchevole braccio di ferro che si è trascinato ormai pericolosamente vicino alla scadenza delle offerte a fine marzo.

Anche la scelta fra Sky e Dazn, satellite o streaming, tradizione o rivoluzione, non è scontata. Gli equilibri si sono spostati quando la voce anticipata a gennaio dal Fatto è diventata realtà: «C’è Tim dietro Dazn». Dopo numerose smentite, Tim è uscita allo scoperto confermando l’accordo come «operatore di telefonia e pay tv di riferimento, nonché partner tecnologico». Tradotto: Dazn e le sue partite passerebbero dall’ex monopolista, che metterà a disposizione le sue competenze per la trasmissione e soprattutto garantirà una parte dell’affare (si parla del 40%, 340 milioni).

I piani di Tim

Questo cambia tutto, l’offerta di Dazn diventa molto più credibile: mai un’azienda di queste dimensioni, che ha tra i suoi azionisti la pubblica Cassa depositi e prestiti, si era interessata alla Serie A. Tim è uno dei colossi italiani: oltre 55mila dipendenti, 15 miliardi annui di fatturato, ma è alle prese con un mercato saturo, ricavi in calo (-12% sul 2019) e un indebitamento pesante. Ora il suo progetto più rilevante è la società della rete unica, di cui resterebbe proprietaria condividendo però la governance (ma serve un complicato accordo di tutti, Enel e Cdp – di nuovo – in testa). Da tempo il calcio italiano sperava che Tim s’accorgesse di lui, l’ad di Lega De Siervo l’aveva soprannominata «la bella addormentata nel bosco». Il momento è arrivato perché a Tim il pallone non piace, serve.