Pubblicato il 22/02/2021, 15:04 | Scritto da La Redazione

Claudio Cecchetto: Sanremo? Chissenefrega del pubblico!

Claudio Cecchetto: «Voglio fare il direttore a Sanremo»

Libero, pagina 18, di Gianluca Veneziani.

Se Amadeus e Fiorello sono stati e saranno all’Ariston a condurre il Festival di Sanremo, in fondo lo devono a lui, Claudio Cecchetto, produttore discografico, dj, conduttore radio e tv e talent scout, loro scopritore. Nonché loro predecessore: 40 anni fa c’era lui a presentare la kermesse canora sullo stesso palco.

Cecchetto, quest’anno sarà un Sanremo diverso. Giusto farlo, nonostante il Covid?
«Qualcuno pensa che si debba fare per tirare su il morale alle persone. Anche dal punto di vista economico è convenuto alla Rai non rinviarlo. Personalmente sono curioso di vedere cosa verrà fuori: nella sventura ci sarà la possibilità di assistere a un festival strano. Indubbiamente i miei ragazzi ci sanno fare. E poi bisogna evitare che il Covid ci ammazzi tutti i sogni».
Lei avrebbe mantenuto il pubblico in sala?
«Se le norme dicono “no pubblico”, è bene che sia così. Ma occorre pensare a quanti spettatori ci sono a casa, è quella la vera platea di Sanremo. Quello dell’Ariston, invece, è da sempre un pubblico di comparse».
35 anni fa lei faceva debuttare Amadeus su Radio Deejay. Cosa la colpì di lui?
«Mi piacque il suo atteggiamento positivo. Io vado un po’ a intuizione, e allora gli dissi “vieni a lavorare nella mia radio”. Gli diedi quel nome, Amadeus, per una ragione pratica: era appena uscito un pezzo di Falco intitolato Rock Me Amadeus. Chiamando così il conduttore, avevamo la sigla già pronta per il suo programma. Le radio in quegli anni non erano ricche e usavano le cose già fatte».
Secondo Morgan, Amadeus non può fare il direttore artistico perché non capisce di musica. Ha ragione o torto?
«La musica è come il calcio, se ne intendono un po’ tutti. Poi l’esperienza conta molto: Amadeus ha lavorato parecchio in radio e, volente o nolente, di un po’ di musica capisce. A Radio Deejay, in particolare, ha acquisito gusto musicale. Vero, Amadeus come tanti altri non sa cosa sia un do maggiore, ma è molto più importante il suo gusto».
A Sanremo ci saranno come ospiti Achille Lauro, Elodle, Giorgia, la Vanoni, Alessandra Amoroso, i Negramaro, Ibrahimovic. Si sarebbe aspettato anche lei un invito?
«Non c’entra. Già lo scorso anno dal palco, con Fiorello e Sabrina Salerno, Amadeus mi ha salutato e ringraziato. Non è che tutti gli anni deve mostrarmi gratitudine. Del resto, io non sono un cantante, ma un direttore artistico. Se Amadeus sta facendo quel ruolo, che lo faccia lui. Non vedo questa necessità di invitarmi».
Ma se la chiama last minute, ci va?
«Sa quel famoso detto “Se mia nonna avesse le ruote, sarebbe una cariola”? Ecco, prima facciamo succedere le cose, e poi decidiamo cosa fare quando accadono. La domanda “Se ti chiama per Sanremo, ci vai?”, si potrebbe fare a chiunque. E chiunque risponderebbe “Certo, mi farebbe piacere”. Be’, io rispondo come qualsiasi altra persona».

Lei ha condotto tre Sanremo tra il 1980 e il 1982. Li ricorda con nostalgia?
«No, li ripenso con allergia, mi sento un privilegiato. Il primo Sanremo mi ritrovai a presentarlo sei mesi dopo essere entrato in Rai. Quando mi chiesero di condurlo, rimasi basito. La seconda edizione restò celebre per il Gioca Jouer che diventò sigla del Festival: prima non c’erano mai state sigle di Sanremo. Inoltre, fu la prima volta con tre serate. L’ultima edizione la ricordo perché, chiuso il Festival, presi subito la macchina e andai a Milano a inaugurare Radio Deejay. Avevo raggiunto il massimo in tv e mi dissi: ora mi cimento in un altro campo».
Qual è il segreto della lunga durata del Gioca Jouer?
«Il fatto di essere un gioco. Non essendo una canzone, non risente delle mode musicali ed è diventato un classico. E poi è stato l’antesignano dei flash mob».
Nel Gioca Jouer ci sono «starnuto», «baciare», «sciare», attività oggi pericolose o proibite. Come cambia il Gioca Jouer al tempo del Covid?
«(Sorride). Per lo starnuto la mossa è diversa, si fa nel gomito, il baciare è previsto solo tra congiunti, e lo sciare è sospeso in attesa di tempi migliori».
A due suoi Festival partecipò Orietta Berti, ora ancora in gara. È l’immortale di Sanremo?
«Una volta, personaggi come la Berti erano la componente principale del cast, adesso lei è la mosca bianca. Il suo genere non c’entra molto coi generi di tutti gli altri cantanti; il resto del cast è giovanile, lei è un richiamo al passato. Forse farà da zia agli altri».

Dopo i tre Festival di Cecchetto, ci saranno i tre Festival di Amadeus?
«L’Amadeus ter dipende tutto da Fiorello. Si parla tanto di Amadeus, ma è Fiorello quello che ti fa il Festival».
Se invece chiedessero a lei di tornare a condurre Sanremo, accetterebbe?«A me piacerebbe curare la direzione artistica e, in quel ruolo, scegliere la conduzione. Per il conduttore punterei sui giovani, cercherei nomi nuovi, perché a quelli consueti e affermati ci pensano già gli altri».
Intanto cercherà nomi nuovi della musica con il suo Festivalweb.
«È un festival online, che partirà il 10 maggio, e coinvolgerà 24 nuovi talenti under 33. Inizialmente doveva essere organizzato negli stessi giorni di Sanremo, ma per ragioni legate al Covid ho deciso di spostarlo. Peccato, mi sarebbe piaciuto farlo in contemporanea ad Amadeus, per affiancarlo e dire: ci sono altre 24 proposte, non solo le 26 dell’Ariston».
Mi dica due buone ragioni per guardare il Festivalweb.
«È interattivo, chiunque potrà ad esempio modificare la scenografia. E poi coinvolge i wip, i web important people, personaggi oggi famosi solo sui social ma destinati a diventare gli Amadeus e i Fiorello di domani».
Se dovesse puntare una fiche sul vincitore di Sanremo, su chi punterebbe?
«La sala scommesse dice Francesca Michielin e Fedez, ma ricordo quando al Festival c’era Fiorello in gara. Avevano dato per vincitore lui e poi sappiamo come è andata…».

 

(Nella foto Claudio Cecchetto)