Pubblicato il 19/02/2021, 14:33 | Scritto da La Redazione

Martin Scorsese sputa nel piatto dove ha mangiato

Martin Scorsese: «Lo streaming uccide il cinema»

La Stampa, pagina 25, di Paolo Mastrolillo.

Le piattaforme streaming hanno fatto al cinema ciò che Amazon ha fatto ai negozi. Ossia offrire un servizio molto utile, efficiente, e ormai indispensabile secondo milioni di utenti, oppure rubare la magia all’arte, secondo il saggio intitolato Il Maestro, che Martin Scorsese ha appena pubblicato sulla copertina di Harper’s. È difficile imbattersi in un articolo che abbia allo stesso tempo così tanta ragione, e così tanto torto. Il regista di Taxi Driver parte dal suo amore per Federico Fellini, il Maestro appunto, che soprattutto con I Vitelloni e Otto e mezzo lo ha ispirato a dedicare la propria esistenza al cinema. In realtà, però, lo usa per attaccare il modello di business introdotto da Netflix e gli altri, in maniera ancora più drastica di quanto non avesse fatto con i film sui supereroi: «L’arte del cinema viene sistematicamente svalutata, spinta ai margini, umiliata e ridotta al suo minimo comune denominatore, il “contenuto”».

Quindi spiega: «Appena 15 anni fa, il termine “contenuto” si sentiva solo quando la gente discuteva il cinema a un livello serio, mettendolo in contrasto e misurandolo con la “forma”. Poi, gradualmente, “Dobbiamo ripartire dai maestri come Federico Fellini per non perdere la magia” è stato usato sempre più dalle persone che hanno preso il controllo delle compagnie mediatiche, la maggior parte delle quali non sapevano nulla della storia di questa arte, o neanche si preoccupavano di pensare che avrebbero dovuto saperne. “Contenuto” è diventato un termine di business per tutte le immagini in movimento: un film di David Lean, il video di un gatto, una pubblicità del Super Bowl, il seguito della storia di un supereroe, l’episodio di una serie».

Gli algoritmi delle tv in streaming

Come se non bastasse la distribuzione un tanto all’etto, a peggiorare le cose ci si è messo pure l’algoritmo, che suggerisce agli spettatori seduti sul divano di casa cosa guardare sulla base di un calcolo matematico. Sparita è la nobile intermediazione del «curating», che non è un atto elitario antidemocratico, ma un gesto di generosità, attraverso il quale «condividi ciò che ami e ti ha ispirato».

Nel caso di Scorsese, e di questo specifico «essay», si tratta di Fellini. Il punto però non è tanto, o non solo, esaltare l’arte del regista riminese, quanto denunciare il nuovo business model, che questa arte minaccia di soffocare. Martin riconosce che le piattaforme streaming sono state una manna anche per tipi come lui, perché senza Netflix non avremmo mai visto The Irishman, e senza Apple non vedremo mai Killers of the Flower Moon. Questo però non basta a salvarle, perché un conto è mettere sul tavolo i soldi per girare il «contenuto», nella speranza di moltiplicarli, e un altro è creare le condizioni favorevoli a trasformarlo in arte.

 

(Nella foto Martin Scorsese)