Pubblicato il 15/02/2021, 17:32 | Scritto da La Redazione
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Che cosa ci insegna Londra su Netflix e il canone Rai

Che cosa ci insegna Londra su Netflix e il canone Rai
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: gli inglesi pagano per la piattaforma la stessa cifra che pagano per la BBC: 168 sterline (189 euro). E ora serpeggia l’idea di non onorare più l’abbonamento alla Tv pubblica.

Cosa possiamo imparare dal Regno Unito su Netflix

Domani, pagina 9, di Stefano Balassone.

Il Regno Unito indica da sempre ai mass media dell’Europa la strada da percorrere per non scomparire rispetto al gigante d’oltre Atlantico e per questo teniamo un occhio fisso a quanto accade in quel paese. Da ultimo il cultore dei media Marco Bottigliero ci ha segnalato due fenomeni del luogo: Netflix ha aumentato il prezzo dell’abbonamento fissandolo infine a 168 sterline (189 euro), al livello del canone Bbc che lì è il doppio che da noi; si sta diffondendo la finzione di non pagare l’abbonamento al “pubblico’ per compensare in tal modo il maggior costo del privato. Facile da farsi perché basta giurare che uno streaming qual che sia, giammai lo vedi.

È una truffa, e truffare nel Regno Unito è tuttora visto male, ma il pagamento del canone non può che farsi fragile col venir meno del favore popolare e così anche il suddito della Regina cade in tentazione al punto che la sua truffa gli pare un atto di giustizia. Può sorprendere che solo ora abbonarsi a Netflix costi nel Regno Unito come in Italia, Germania e Francia, ma probabilmente questa mitezza della piattaforma on demand era utile a farsi strada in un Paese dove la televisione tradizionale, pubblica e privata, è meno residuale sul piano editoriale e ha bilanci più in ordine dei nostri. Però è evidente che anche nel Regno Unito le talpe dell’on demand riescono a scavare e a farsi strada (oltre a Netflix, ovviamente, Amazon, Disney+, AppleTv) fornendo un insieme esaustivo di film, fiction e documentari, cui sempre più s’aggiungono musica e canzoni. Manca solo il notiziario e il gossip, ma a darceli basta e avanza quel che arriva a mezzo social.

I riflessi italiani

La subitanea impennata dell’evasione dal canone Bbc (in vigore dal 1927) indica che il consumatore è alle prese con la scelta di dove spendere il budget destinato a informarsi, divertirsi ed educarsi: a favore della tv tradizionale o di quella “a scelta”? Tanto più che – almeno finché è possibile farlo – il prezzo della seconda puoi alleggerirlo decidendo di distribuire gli account d’accesso su più di un bilancio familiare. Il suono della campana inglese ci riguarda perché attesta l’irrefrenabile secessione di generazioni (le meno anziane) e di ceti sociali (i più benestanti e istruiti) rispetto all’area della televisione tradizionale.

Con la conseguenza che da noi – messo in bolletta o meno – il finanziamento della tv pubblica sarà sempre più vulnerabile alle incursioni del populista bellimbusto che voglia farsi bello a spese dell’odiatissimo balzello. Prima di fregarsi le mani e godersi lo spettacolo del naufragio della Rai, coi suoi divi strapagati e così via, sarà bene aver presente che proprio il canone ancorato al pagamento della luce è decisivo per l’esistenza di una decente misura di produzione audiovisiva nazionale e per l’esistenza dei relativi posti di lavoro ai quali guardano bramosi i tanti giovani che studiano come creare trame, sceneggiare e produrre coinvolgendo migliaia di maestranze.

 

(Nell’immagine il logo di BBC)