Pubblicato il 03/02/2021, 14:03 | Scritto da La Redazione
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Ecco tutti i retroscena del calcio in Tv

Ecco tutti  i retroscena del calcio in Tv
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: “Il Fatto Quotidiano” rende pubblico il testo del contratto fra la Lega Serie A e i fondi di investimento che vale 1,7 miliardi di euro. Con l’operazione “Project Goal” il potere decisionale passerà, di fatto, dalle mani dei presidenti dei club a quelle dell’amministratore delegato designato dagli investitori.

Ecco Project goal: così i fondi esteri si prendono il calcio

Il Fatto Quotidiano, pagina 17, di Lorenzo Vendemiale.

Operazione Project Goal L’hanno chiamata così, come un film di 007. E in effetti un po’ vi assomiglia l’operazione spericolata con cui la Serie A è pronta a vendersi a fondi d’investimento la cui proprietà si snoda fra Lussemburgo, Cayman e Stati Uniti. Tutto per dare una governance indipendente, una dimensione internazionale e soprattutto un bel pacco di soldi al nostro campionato, dove i club sono alla canna del gas e sperano di salvarsi con gli 1,7 miliardi promessi da Cvc, Advent e Fsi. Per riuscirci, la Lega ha scomodato i pareri illustri (e cari: 100 mila euro) dell’ex ministro Giulio Tremonti, o del mentore del premier Conte, il prof. Guido Alpa. Ha affidato una consulenza milionaria all’advisor Lazard, studiato interpelli fiscali, normative, scappatoie. Così si è arrivati al contratto che domani sarà in assemblea e Il Fatto rivela.

Nel term sheet ci sono cifre, nomi e clausole che regoleranno il rapporto fra i padroni del pallone. Il progetto è noto, il presidente Paolo Dal Pino ci lavora da mesi. La Serie A darà vita a una Media Company, in cui confluiranno la commercializzazione dei diritti tv, la gestione di contratti commerciali, marketing e merchandising, tutto ciò che genera business. Il 90% rimarrà alla Lega, il 10% sarà ceduto alla Salieri Investimenti: Spa con sede a Milano divisa fra i tre fondi, Cvc (50%), Advent (40%) e Fsi (10%, dentro c’è pure Cassa depositi e prestiti).

I conti dell’operazione

L’affare vale 1,7 miliardi, per una partnership almeno fino al 2026, poi il partner potrà rimanere, vendere o quotare in Borsa. Ma non tutto è oro quel che luccica. All’inizio i fondi pagheranno un entry fee da 250 milioni, il grosso arriverà dopo: 1,4 miliardi a fondo perduto in sei tranche, 350 milioni nel 2021-2023, 117 nel 2024-2026. Questo secondo i piani della Lega permetterà di distribuire alle squadre 250 milioni l’anno, 400 (bonus Covid) nel 2021, usando i criteri della legge Melandri: ci guadagnano le big, la Juve in primis, sopravvivono gli altri. In dubbio invece l’ulteriore linea di credito da 1,2 miliardi: i club avrebbero dovuto garantire in solido, ma non si fidano tra loro. Al partner in cambio andrà il 10% delle entrate future da diritti tv: considerando che valgono oltre un miliardo a stagione, parliamo di (almeno) 100 milioni l’anno.

Così l’affare assomiglia più a un prestito. Il prezzo da pagare è la sovranità sulla Serie A: nel Cda a 13 membri, 7 spettano alla Lega (già eletto, tra gli altri, Andrea Agnelli), ma i fondi scelgono il potente amministratore delegato, su cui la Lega potrà porre il veto solo una volta. Fra le pieghe del contratto, poi, ci sono una serie di piccole clausole che rivelano il futuro del pallone. Ad esempio, è scritto che «Media Co. intende lanciare il Canale della Lega»: frase che lascia capire come dovrebbe andare già l’asta sui diritti tv del prossimo campionato. Si mette in conto che la Champions cambierà: dal 2024 avrà 36 squadre (oggi sono 32) e 225 gare (più del doppio delle attuali), da disputare non solo durante la settimana, ma anche nei weekend.

L’assemblea decisiva è domani. Di mezzo ci sono i Lotito, i De Laurentiis, i più riottosi, non a caso i proprietari dei club con i conti più a posto: loro non hanno bisogno di un’operazione che per altri ha assunto i contorni della disperazione. Bastano pochi voti per far saltare tutto. Ma il vero problema è la legge Melandri, per cui solo la Lega può commercializzare i diritti tv. Così, invece, in posizione di monopolio sarebbe una società terza, con dentro un privato, scelta senza gara.