Pubblicato il 03/02/2021, 11:32 | Scritto da Tiziana Leone

Festival di Sanremo: i cantanti non si accorgeranno che il pubblico non c’è

Gaetano Castelli: «In tv la platea non sembrerà vuota. Un anno di lavoro, non vorrei buttarlo»

Il Secolo XIX, pagina 31, di Tiziana Leone.

Lo chiamano “l’uomo dei Festival”, il prossimo per Gaetano Castelli li sarà il diciannovesimo, «ma vorrei arrivare a venti, così mi porto a casa la Coppa del nonno». Non ne ha mai condotto uno, si è limitato a “farli”, nel senso letterale del termine, immaginando e creando quelle scenografie rimaste, anno dopo anno, nella storia della televisione. Non c’è stato Sanremo senza la sua scala, croce e delizia di vallette prima e conduttrici poi, così come non c’è stato mai un Ariston senza il suo pubblico, elemento essenziale per l’intero teatro. «Se mancherà il pubblico in sala, pazienza, mi auguro di riuscire a far sognare il pubblico da casa», sorride Castelli, accademia alla corte del premio Oscar Dante Ferretti, poi scenografo in tv con i grandi varietà di Antonello Falqui, fino agli show evento di Pavarotti, Benigni, Celentano, Fiorello e Panariello.

Nel mezzo diciotto Festival di Sanremo, tanti conduttori, uno su tutti, Pippo Baudo, ma mai si era trovato a immaginare un Ariston vuoto. «Quando abbiamo terminato Sanremo lo scorso anno, dopo una settimana hanno chiuso tutto per il Covid» ricorda Castelli «Una sola settimana e il festival sarebbe saltato. Durante il lockdown ho cominciato a lavorare sulla nuova scenografia, senza nemmeno aspettare la conferma. Quando Amadeus e la Rai mi hanno richiamato, il progetto era già quasi pronto. Ci ho lavorato per mesi».

Qual è stata la parte più complessa del progetto?
«Dimenticare, a così poca distanza, la scenografia del Festival appena concluso. Lì erano tutte curve, stavolta sarà tutto rettilineo, con un gioco di prospettive, volevo fare qualcosa che fosse opposto a quello appena fatto. È stato difficile mettere insieme le idee, dopo diversi tentativi sono riuscito a trovare le forme che cercavo».
Visto da casa il Teatro Ariston sembra enorme, decisamente più grande di quello che è in realtà.
«Riesco a farlo sembrare enorme grazie anche ai segreti della tecnologia di oggi, aiutata dalle luci, lo spazio è dilatato, sembra un teatro grande, ho studiato una vita, ho girato il mondo, da Las Vegas a Broadway, per carpire segreti e adattarli al nostro gusto italiano. Cerco sempre di portare la nostra tradizione, senza cedere al gusto americano: chiunque può fare un ledwall, ma qui non siamo a X Factor».

Mancherà il pubblico, ma la scala resta una certezza.
«Al primo progetto avevo quasi convinto Amadeus a non metterla. Ci ha ripensato a tempo di record. Una volta il problema delle scale era un solo: disegnavano delle righe dietro la testa del cantante, un effetto tremendo per il pubblico a casa. Grazie ai sistemi moderni di illuminotecnica, i gradini non si vedono più. Anche quest’anno la scala sarà una grande sorpresa. La consegna della scenografia è prevista per il 12 febbraio».
Ha dovuto cambiare il progetto in corsa viste le restrizioni che la pandemia ha imposto?
«Prima di cominciare avevamo progettato di mettere in sicurezza tutto e tutti e così è stato. Gli orchestrali li abbiamo sistemati a un metro e mezzo di distanza, il coro a due metri, i fiati ancora di più. L’orchestra è scivolata molto più avanti in teatro, c’è una tale grandiosità che gli artisti in gara non si accorgeranno nemmeno che manca il pubblico in platea. L’importante è riuscire a far dimenticare a chi sta a casa questo periodo terribile».

 

(Nella foto il palco di Sanremo 2020)