Pubblicato il 11/01/2021, 17:34 | Scritto da La Redazione

E adesso RayPlay si butta sulla memoria per i giovani

Elena Capparelli: «La mia RaiPlay per gli under 40»

La Repubblica, pagina 29, di Silvia Fumarola.

La memoria è sacra. Paradossalmente, oggi che è a disposizione di tutti, si disperde. Ossi di Seppia – Il rumore della memoria è la nuova docu-serie in 26 puntate, disponibile da domani su RaiPlay, destinata ai più giovani, per conoscere, approfondire e ripercorrere i fatti della nostra storia recente. Dal caso Di Bella che apre la collezione di mini documentari (testimone l’allora ministro della salute Rosy Bindi) al disastro di Seveso del 1976 al crollo del Ponte Morandi, passando per l’assassinio di Giulio Regeni (nella settimana 25-31 gennaio) ricostruito dal vicedirettore di Repubblica Carlo Bonini, che si occupò del caso, fin dalla scomparsa del giovane ricercatore. Un diario doloroso con il padre e la madre testimoni. «Ho un’immagine», dice la signora Regeni al marito «un cassonetto dell’immondizia. E ho visto Giulio, me lo butteranno là». Le memoria si lega alla ricerca della verità e alla richiesta di giustizia.

«Un Paese senza memoria non ha futuro: tenerla viva è fare servizio pubblico», spiega la direttrice di RaiPlay Elena Capparelli, «il patrimonio delle teche Rai è stato rielaborato da 42° Parallelo, che realizza il programma, con un linguaggio diverso, destinato ai giovani. Venti minuti in profondità, in controtendenza con la velocità dell’informazione sul web».

La sfida è trovare un linguaggio diverso?
«Tengo moltissimo a questo progetto, una serie non fiction costruita con un linguaggio molto moderno e un formato per colpire la generazione zeta. La memoria ci dà le chiavi di lettura per il presente. Ogni storia ha un protagonista, i materiali delle teche Rai sono riassemblati: Ossi di seppia serve a trasformare la memoria in qualcosa di pulsante che diventa patrimonio collettivo. Ho due figli di 18 e 22 anni, c’è fame di conoscenza».
Prima RaiPlay procedeva per anniversari.
«Sì, ogni volta mettiamo a disposizione tanto materiale. In questi giorni, per esempio, il pubblico può trovare filmati preziosi su Sciascia La vera sfida è interessare generazioni che non hanno vissuto i fatti, la sintesi per immagini deve catturarli e far vedere che la Rai è contemporanea. La nuova narrazione rende attuali gli avvenimenti, la memoria genera un rumore che diventa qualcosa di interessante. Ho sentito la curiosità delle generazioni più giovani».

In che modo il patrimonio delle Teche Rai può far fare il “salto” a RaiPlay, che nasce come una piattaforma di distribuzione? Ora produrrà sempre di più?
«Abbiamo un ruolo editoriale, RaiPlay ha prodotto tante cose. Intanto ridiamo vita – con highlight o le clip – ai programmi che nascono per la tv lineare, a seconda del target il nostro lavoro cambia. Ma abbiamo lanciato tante ore di prodotti, da Aria di Daniele Vicari, serie pensata in esclusiva, a Tu non sai chi sono io in cui i ragazzi si svelano ai genitori. La nostra produzione segue questo solco, parliamo a un pubblico under 40 anni».
Si parla molto della docu-serie di Netflix su San Patrignano: perché non ci avete pensato?
«Mi guardo bene dal dare una risposta onnicomprensiva. Quel documentario è nato tre anni fa. La Rai, lo dico senza polemica, pensa a tantissimi progetti, forse SanPa poteva essere fatto, ma non esisteva ancora la Direzione documentari. Difficile dire: “Non l’hai fatto”, quando realizziamo tante altre cose. Sicuramente la Rai come servizio pubblico mette a disposizione il proprio archivio anche per fare prodotti che non vengono distribuiti direttamente su RaiPlay. Siamo appena nati, anche la Direzione documentari sta cominciando a produrre, fino a un paio di anni fa il focus era la televisione. Abbiamo tante idee da realizzare».

 

(Nella foto Elena Capparelli)