Pubblicato il 28/12/2020, 19:04 | Scritto da La Redazione

Fabio Volo: Piango davanti ai film

Fabio Volo: Piango davanti ai film
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: l’attore-autore-speaker è in uscita con due film. In un’intervista parla della sua famiglia.

Fabio Volo: «Sopravvissuto a me stesso. Il mio più grande successo? Aver pagato i debiti di papà»

Corriere della sera, pagina 29, di Elvira Serra.

Il suo primo ricordo?
«Io che gioco da solo dietro il divano, nemmeno in cameretta. Mi bastavano i miei giochi, o semplicemente coloravo, immaginavo guerre con gli indiani, mi raccontavo storie».
Suo papà faceva il panettiere.
«Sì, da dieci generazioni fino a me. Si chiamava Giovanni Bonetti. Non c’è più da cinque anni».
È mancato poco dopo che è nato il suo secondogenito, Gabriel.
«Cinque mesi dopo. Quando sono andato all’ospedale a Brescia perché Johanna doveva partorire, il giorno successivo lui è stato ricoverato. Andavo in un reparto dove ero padre e in un altro dove ero figlio, in situazioni opposte. È stata un’esperienza intensa. Papà se n’è andato lentamente, aveva l’Alzheimer, in qualche modo non c’era già più. Le cose che dovevamo ricucire, alcuni scontri su idee politiche o sulla vita, le avevamo già ricucite. Essere padre, grazie anche al mio rapporto con lui, non è mai stato difficile».
Sua mamma?
«Lei c’è ancora, si chiama Fiorangela Buelli, del lago d’Iseo. È del ’42, come papà. Faceva la parrucchiera».
Il regalo più grande fatto ai suoi genitori?
«Mio padre purtroppo ha sempre avuto grandi problemi economici, pignoramenti, sono cresciuto dentro questa bolla della povertà. Non che non ci fosse da mangiare, ma il non poter fare le cose. Quando sono stato fortunato abbastanza da aiutarli ho pagato i suoi debiti, ho comprato casa per loro e li ho mandati in pensione qualche anno prima. Il più grade successo della mia vita è stato quello».
Cos’ha imparato dai suoi genitori?
«Da mio padre, la cultura del lavoro: la disciplina, la coscienza, il rispetto dei tempi, la determinazione: l’opposto dell’Instant Gratification che funziona oggi sui social. Da mia madre, molto socievole, l’empatia con il mondo e il non giudicare gli altri».
Ha anche una sorella, giusto?
«Sì, Cristina: ha tre anni più di me, è operaia. E una zia meravigliosa».

Fabio Luigi Bonetti, in arte Fabio Volo, nato per necessità a Calcinate 48 anni fa e cresciuto a Brescia, ha appena finito di girare due film: uno con il regista Paolo Costella e l’altro con Michela Andreozzi. Per telefono è riflessivo, lontano dal ciclone che da vent’anni conduce Il Volo del Mattino su Radio Deejay ed è consapevole del suo percorso: 10 romanzi, 12 film, svariati programmi tv dalle Iene al mockumentary Untraditional; l’ultimo, The Orchite Show, solo sui social, nel primo lockdown ha raggiunto oltre 500 mila visualizzazioni.

È cresciuto in un gineceo.
«Circondato da mamma, sorella, cugina, zia. Ero lì in mezzo, coccolato e viziato. Mi ha permesso di sentirmi a mio agio con la mia parte femminile. Ogni uomo ha una parte femminile, ma si vergogna a esprimerla, confonde la femminilità con l’essere effeminato».
In cosa riconosce la sua parte femminile?
«Nella sensibilità, nell’accoglienza. Per esempio piango guardando un film».
L’ultima volta che ha pianto?
«Da poco con Ethos, su Netflix, quando questa donna si toglie la maschera e dice che è stufa di tutto, di aver paura di invecchiare, della palestra, di fingere di essere qualcun’altra…».
Dov’è casa, per lei?
«Casa è a Milano, perché lì ci sono i miei figli. Ma nonostante sia nato in provincia, mi sento cittadino del mondo. Casa è dove vado, ci metto pochissimo a ricostruire il mio habitat, ho amici ovunque e se posso andarci con la mia famiglia quella diventa casa».

Restiamo sui figli, suoi e di Johanna Hauksdottir. Sebastian e Gabriel, di 7 e 5 anni. Cosa le stanno insegnando?
«La cosa che mi affascina di più dell’essere padre è rivivere la mia vita attraverso di loro, ma da un altro punto di vista. Quando è stata Santa Lucia, per esempio, che a Brescia porta i regali, di notte mentre dormivano ho preparato i doni e ho immaginato mio padre che lo faceva per me e per mia sorella».
Hanno capito di avere un papà famoso?
«Qualcosina sì, mi hanno visto fare la radio, ma a casa non ho mai messo un mio film, mi hanno riconosciuto solo nel video di Rovazzi. Mi chiedono se conosco chi mi ferma per strada per un selfie. Con loro sono molto semplice, quando smetto di lavorare tomo a essere Fabio Bonetti che ha gli amici di Brescia o di Milano di sempre».
Li ha già portati allo stadio?
«Volevo, a vedere il Milan. Ma poi c’è stato il Covid-19. Vorrei portarli anche a pescare».

 

(Nella foto Fabio Volo)