Pubblicato il 11/12/2020, 19:02 | Scritto da La Redazione

Ma quale Netflix della cultura italiana!

Ma quale Netflix della cultura italiana!
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: Aldo Grasso spara a zero sulla piattaforma voluta dal ministro Dario Franceschini. «Ma non c'è già Rai Cultura, finanziata con i soldi dei contribuenti? Non c'è già un deposito di visioni capace di aiutarti a capire l'identità di un Paese e di un'epoca? Non era meglio, inventando magari una nuova struttura, potenziare il patrimonio delle Teche (Rai, Luce, cineteca di Bologna...), di Rai Cultura, di Rai5 al limite creare un consorzio anche con Sky Arte per un'offerta davvero significativa?».

Franceschini e la piattaforma per l’offerta di cultura a pagamento

Corriere della sera, pagina 59, di Aldo Grasso.

Da anni ci stiamo interrogando sul significato di servizio pubblico, su ruolo della Rai, sulla televisione come fonte di narrazione e strumento di rappresentazione storica (dunque un bene culturale imprescindibile), quando a un tratto spunta la «Netflix della cultura italiana» (nelle definizioni il provincialismo la fa ancora da padrone), la piattaforma della cultura italiana fortemente voluta dal ministro Dario Franceschini. Ma non c’è già Rai Cultura, finanziata con i soldi dei contribuenti? Non c’è già un deposito di visioni capace di aiutarci a capire l’identità di un Paese e di un’epoca? Non era meglio, inventando magari una nuova struttura, potenziare il patrimonio delle Teche (Rai, Luce, cineteca di Bologna…), di Rai Cultura, di Rai5 al limite creare un consorzio anche con Sky Arte per un’offerta davvero significativa?

No, il ministro Franceschini ha voluto una sua piattaforma, «divisa in canali dedicati alle arti, come ad esempio l’opera, il teatro, la musica anche pop non solo classica, l’arte ospitando i principali musei e aperta anche a singole esperienze». L’idea, dunque, è l’offerta di cultura a pagamento (come se la cultura fosse un genere, al pari dello sport o dell’intrattenimento), ma anche spettacoli live, produzioni (con che soldi?), podcast e persino programmi gratuiti. Per la gestione della piattaforma è stata costituita in tempi record una nuova società controllata al 51% da Cdp (la bacchetta magica delle finanze italiane, un pozzo senza fondo) e al 49% da Chili Spa.

 

(Nell’immagine il logo di Chili Tv)