Pubblicato il 02/11/2020, 18:03 | Scritto da La Redazione

Chiambretti e i ricordi di un calcio che non c’è più

Chiambretti e i ricordi di un calcio che non c’è più
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: «Con gli anni si perde la presenza fisica. Già tempo fa se mi guardavo allo specchio pensavo di non avere chances. Adesso mi guardo e vorrei essere quello di 15 anni fa».

Piero Chiambretti: «lo, il calcio, le donne e la scoperta dell’aldilà. Scelsi il Toro dopo la tragedia di Meroni»

QN – Quotidiano Nazionale, pagina 16, di Piero Degli Antoni.

Chiambretti, in un’intervista di due anni lei fa disse che il calcio la stava annoiando. Adesso, ogni lunedì in seconda serata su Italia1 conduce Tiki Taka. La pensa ancora così?
«Il calcio non è più quello degli anni Novanta, non ci sono più i giocatori-bandiera. Le partite belle sono pochissime. Oggi se qualcuno fa un tunnel te lo presentano come un fenomeno. Ma le partite davvero divertenti si contano sulle dita delle mani di un monco».
Lei nasce interista.
«Quando da ragazzo giocavo a pallone mi chiamavano Suarez. Poi Meroni morì a cinquanta metri da casa mia, e la settimana seguente il Torino vinse 4-0 nel derby, il quarto gol lo segnò Alberto Carelli che portava proprio la maglia di Meroni. Lo interpretai come un segno del destino».
Fino a non molto tempo fa i giocatori della Juventus spesso venivano nel suo ristorante.
«Ciro Ferrara aveva aperto delle pizzerie, e, quando venne da me, lo mettemmo a infornare le pizze. Gli scattai una foto che ora è appesa nel locale con sotto la scritta “Licenziato”».
Ai tempi di Prove tecniche di trasmissione lei si occupò molto di calcio, con alcuni servizi divertenti.
«Nell’88-89 i calciatori non erano ancora divi, il prepartita era sacro. Dentro Va pensiero volevo raccontare il calcio che non si vedeva. Così prenotavo, con altri cognomi, una o due stanze nello stesso albergo dei ritiri delle squadre. Ero dentro un cavallo di Troia. Entravamo con le telecamere smontate nelle valigie e aspettavamo il momento opportuno. Quando sentivo che i giocatori andavano a pranzo o colazione ci precipitavamo fuori. Anche solo inquadrarli in quella situazione era un avvenimento. A volte entravo in smoking sul campo di calcio insieme con i giocatori. Oggi verrei arrestato».

Cosa successe?
«Una volta capitai sul campo della Roma, il giorno dopo l’estrazione della Lotteria Italia. Qualcuno aveva scritto che Voeller aveva vinto il primo premio, così lo avvicinai, lì sul campo, poco prima della partita, e gli chiesi se avesse nascosto il biglietto vincente nei calzettonen. Un’altra volta avvicinai Baresi e gli chiesi: qual è il tuo sport preferito?».
Una volta sorprese Maradona nudo.
«Ero nello stesso hotel, in centro a Torino. Allungando una mancia di diecimila lire a un cameriere, seppi qual era la sua stanza. Poi bussai alla sua porta fingendo di essere Gianni Minà. “Diego, apri, sono Gianni…”. Anche se non sono un grande imitatore, Maradona ci cascò. Ma era sotto la doccia, e venne ad aprire completamente nudo. Insomma, ho potuto vedere anche il Maradona che nessuno ha mai visto. Con la velocità e la prontezza di un rapace dell’area ci sbatté la porta in faccia, ma riuscii lo stesso a scambiare due battute attraverso l’uscio. Invece di Porta a Porta, io facevo solo Porta».
Arriviamo a Sacchi.
«A quei tempi era il supereroe che aveva rivoluzionato il calcio mondiale. Sempre col solito trucco dell’albergo riesco a intercettarlo. Lo avvicino e gli dico: “Sacchi lei è un fenomeno, ma anche lei ha commesso un errore: non ha mai usato la brillantina Linetti”. Mi guardò sconcertato e chiamò il direttore dell’albergo per farmi allontanare. Siccome ero un ospite, non potevano cacciarmi. Allora il direttore mi disse che potevo stare, ma non potevo uscire dal perimetro di un tappeto persiano di 5 metri per 3 che era poco più in là. E così feci un’intervista a distanza, dal tappeto».

 

(Nella foto Piero Chiambretti)