Pubblicato il 29/10/2020, 11:35 | Scritto da La Redazione

Google finisce nel mirino anche dell’Antitrust italiana

Google finisce nel mirino anche dell’Antitrust italiana
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: l’accusa per il colosso digitale è di posizione dominante nel digital advertising e così l’Autorità si è data tempo fino al 30 novembre per l’accertamento.

L’Antitrust indaga su Google per l’uso dei dati a fini pubblicitari

Il Sole 24 Ore, pagina 17, di Andrea Biondi.

Google finisce sotto la lente dell’Antitrust italiana che avvia un’istruttoria con l’ipotesi, a carico della società, di abuso di posizione dominante nel mercato del digital advertising. Dopo Washington la scorsa settimana, anche Roma si muove con l’avvio di un procedimento, deliberato il 20 ottobre dall’Autorità presieduta da Roberto Rustichelli, che ha avuto come conseguenza immediata la visita della Guardia di Finanza nelle sedi italiane del colosso di Mountain View. Ora l’Antitrust si è data tempo fino al 30 novembre 2021 per accertare se Google abbia violato l’articolo (il 102 del Tfue) che vieta lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante che, nella fattispecie, si sarebbe esplicitata nei servizi di intermediazione per le inserzioni su Internet.

L’accusa dl lab

Tutto nasce da una segnalazione di Iab – associazione di categoria di imprese attive nel settore del digital advertising – che ha puntato l’indice contro tre specifiche condotte di Google: l’aver interrotto da maggio 2018 l’erogazione, agli inserzionisti e agli altri operatori del mercato del display advertising, delle chiavi di decriptazione dell’Id dei suoi utenti; l’aver interrotto da agosto 2015 la vendita per il tramite di operatori terzi di inserzioni su Youtube; l’aver impedito, sempre da maggio 2018, ai terzi l’utilizzo di pixel di tracciamento su Youtube per la targhettizzazione della pubblicità.

Questioni molto tecniche dietro cui in definitiva c’è un’accusa di fondo mossa a Google, che è quella di soffocare la concorrenza e limitare le scelte degli investitori agendo essenzialmente da monopolista grazie all’enorme mole di dati di cui dispone.

La mano onnipresente di Google

Google sa tanto (se non quasi tutto) di noi grazie ai cookie inseriti insieme a banner, pop-up o altre forme di messaggi pubblicitari visibili durante la consultazione di un sito web, ma anche grazie a tutta una serie di strumenti che vanno dal sistema operativo mobile Android, installato sulla gran parte degli smartphone usati in Italia, al browser Chrome che «detiene una quota di mercato di circa il 70%» per le connessioni da pc e del 61% da mobile, ai servizi di cartografia e di navigazione Google Maps/Waze e a tutti gli altri servizi erogati attraverso Google ID (Gmail, Drive, Docs, Youtube). La mano di questo colosso da 161 miliardi di dollari di fatturato nel 2019 (di cui 134 da pubblicità) è insomma dappertutto, pronta, secondo l’accusa, a tracciare con tutta una pluralità di strumenti i comportamenti degli utenti, lasciando poco spazio ad altri attori del mercato.

 

(Nell’immagine Google)