Pubblicato il 07/10/2020, 11:33 | Scritto da La Redazione
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Fabrizio Salini chi?

Fabrizio Salini chi?
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: l'amministratore delegato della Rai ha capito che per lui è finita. Da che cosa? “Dal silenzio quando passo in corridoio”. Riceveva cento telefonate al giorno, ora agli amici racconta che “è tanto se ne ricevo trenta”.

Sembra “Boris”, è la Rai Salini e l’immutabile Rai

Il Foglio, pagina 1, di Salvatore Merlo.

Riceveva cento telefonate al giorno, ora agli amici racconta che «è tanto se ne ricevo trenta». Prima entravano continuamente nella sua stanza direttori di rete, dei tg, i manager, quelli delle risorse umane, del cerimoniale e del cosiddetto “financing”, in un turbinio che sembrava non finire mai. Inviti, proposte, richieste, suppliche. Ora invece, in quelle stanze dell’amministratore delegato che sembrano una nave da crociera, tra le boiserie, la scrivania, il divano in pelle umana e l’immenso tavolo rotondo, a volte gli capita persino la fortuna di restare da solo con i suoi pensieri.

È come se l’azienda, il gran corpo di bestia dotato di vita propria, l’avesse fiutato: è finita, il potere non è più là. Non è più lui. Cosi adesso quando ne parla agli amici, Fabrizio Salini la prende un po’ a ridere e racconta che «ai tempi in cui lavoravo per la Fox feci la serie Boris. Era uno sberleffo satirico rivolto alla Rai. Ma Boris è nulla in confronto a quello che davvero è la Rai». E allora bisogna proprio immaginarselo l’amministratore delegato della televisione pubblica, il padrone della Rai (ma in scadenza) che arriva a Viale Mazzini, attraversa il cortile accanto all’eponimo cavallo, e già subito s’accorge che qualcosa non va. Nessuno gli corre incontro. Nessuno tenta di spalancare la porta al suo passaggio («cosa – dice agli amici – che con un certo imbarazzo ho sempre cercato di evitare, senza successo»). Qualcosa non va, appunto.

Un silenzio angosciante

Ma quella di Salini è ancora soltanto una sensazione. Un brivido infinitesimale del pensiero. Tanto che, quando l’amministratore delegato raggiunge l’ascensore, quello diretto, quello a fermata unica, trattiene il respiro. Scaramanzia. Preme il pulsante. Suspense. Quasi si aspetta che nemmeno l’ascensore gli risponda. Cosi resta piacevolmente sorpreso nello scoprire che invece funziona. Solo che non appena raggiunge il mitico settimo piano, il settimo cielo, quello con gli uscieri in divisa, le porte blindate e le vetrate, ecco che la sensazione si fa certezza: qualcosa proprio non va. Il corridoio è vuoto. Le mille tane che vi si affacciano sono tutte chiuse. Domina un silenzio ostile come quello delle favole, appena incrinato dal cigolio di un carrello carico di faldoni che, come nella canzone Modugno, non si sa da dove viene né dove va.

 

(Nella foto Fabrizio Salini)