Pubblicato il 28/08/2020, 12:35 | Scritto da La Redazione

Claudio Amendola: Il coronavirus ci ha resi più cattivi

Claudio Amendola: Il coronavirus ci ha resi più cattivi
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: l’attore torna su Rai1 con la serie tv “Nero a metà” e intanto parla dio Roma e umanità su “Il Messaggero”.

Claudio Amendola: «Roma adesso tirati su, basta con il vittimismo»

Il Messaggero, pagina 23, di Gloria Satta.

Ruvido e perspicace, insofferente alle regole e più romano che mai, torna il commissario Carlo Guerrieri-Claudio Amendola sempre alle prese con i delitti, il proprio passato e una Capitale che cambia, ben rappresentata da un giovane vice-ispettore che ha la pelle nera, ma all’anagrafe è italianissimo. Dal 10 settembre, in prima serata su Rai1, va in onda la seconda stagione di Nero a metà, l’ottima serie diretta da Marco Pontecorvo, una coproduzione RaiFiction e Cattleya in collaborazione con Netflix.

Ancora una volta Amendola, 57 anni, indossa la spregiudicatezza e l’irresistibile umanità del suo sbirro. E anche fuori dal set non manca di preoccuparsi per l’adorata Roma: «Oggi non andrei a votare per le amministrative, sarebbe la prima volta da quando ho 18 anni», rivela, «questa città si chiama eterna e ce la fa sempre, ma sarà durissima se non capiamo che siamo ad un passo dal punto di non ritorno. E un dolore per uno come me che ama Roma e prova il senso di appartenenza, ma credo che il coronavirus le abbia dato il colpo di grazia… Rimpiango Giulio Carlo Argan, Renato Nicolini, Walter Veltroni, Francesco Rutelli».

Intanto, largo al commissario della fiction: quanto è cambiato il suo personaggio?
«Non tanto, a dire la verità. È cresciuto forse il suo attaccamento alla squadra e il suo senso di responsabilità. Nel racconto c’è più tensione, aumentano i pericoli ed entrano in scena nuovi personaggi come la poliziotta, interpretata da Nicole Grimaudo, a cui viene ammazzato il figlio. Ma Guerrieri rimane fedele a se stesso».
E in questa nuova stagione come va il suo rapporto con il giovane vice-ispettore Malik, interpretato da Miguel Gobbo Diaz, simbolo dell’ultima generazione di immigrati?
«La distanza rimane anche perché Malik ha un tormentato legame sentimentale con la figlia di Guerrieri. Anche se i metodi di lavoro dei due sono diversi, il commissario impara a stimare il collega andando al di là dei pregiudizi».
Anche gli italiani, dopo l’esperienza della pandemia, hanno imparato a superare i pregiudizi?
«Non mi pare. Ne usciremo migliori, continuavamo a ripeterci durante il lockdown, ma eravamo troppo ottimisti: il Covid-19 ci ha reso tutti più cattivi ed egoisti esaltando i nostri egoismi e le faziosità da stadio».
Cosa intende?
«Dopo un iniziale atteggiamento positivo, abbiamo dato la stura al vittimismo: tutti a piangersi addosso, a parlare di catastrofe e di guerra. Ma la guerra, come ci hanno raccontato i nostri padri, era un’altra cosa… Purtroppo gli italiani hanno dimostrato di essere un piccolo popolo che vive in un piccolo Paese».

Che pensa dei contagi in Sardegna, da cui non è stato risparmiato nemmeno il proprietario del Billionaire Flavio Briatore?
«Non vado in discoteca e ho passato le vacanze in una casetta isolata in Trentino. Ora non mi sento di demonizzare nessuno, la Costa Smeralda non è la Wuhan di febbraio ma ci vuole più responsabilità».
A lei cosa ha lasciato l’esperienza del lockdown?
«La certezza che professionalità e competenza siano imprescindibili in qualunque settore della nostra vita».
II cinema si riprenderà dalla batosta?
«Sicuramente, ma a una sola condizione: deve ricominciare a puntare sulla qualità. Se non si faranno dei bei film, dovremo inventarci un’altra forma di intrattenimento».

 

(Nella foto Claudio Amendola in Nero a metà)