Pubblicato il 02/07/2020, 11:32 | Scritto da La Redazione

L’Andreatta a Netflix avrà meno budget che in Rai

Le dieci fatiche di Tinny: più serie, meno soldi

Il Fatto Quotidiano, pagina 19, di Federico Pontiggia.

I maligni retrodatano la nomina al 1° maggio, quando Boris ritorna su Netflix. Della fuoriserie di Ciarrapico, Torre e Vendruscolo, si sbizzarriscono a trovare la citazione più consona: “Ricorda, in Italia vale la regola delle tre `G’: la Giusta telefonata, al Giusto momento, allaGiusta persona!” oppure “Occhi del cuore 3… perché a noi la qualità c’ha rotto er cazzo! Perché un’altra televisione diversa è impossibile!”.

Eppure, Eleonora Andreatta, detta Tinny, ci ha provato: un colpo alla rassicurazione, da Don Matteo a Che Dio ci aiuti, e uno all’internazionalizzazione, da L’amica geniale a Il nome della rosa. In mezzo, le sfide autarchiche, da Rocco Schiavone a La linea verticale. Cinquantacinque anni, venticinque in Rai, dal 2012 al vertice di Rai Fiction, dove ha fatto il bello e il cattivo tempo, pardon, prime-time: Il Commissario Montalbano, I Bastardi di Pizzofalcone, Imma Tataranni, Il commissario Maltese. A Panorama non è bastato per concederle l’onore delle armi o, almeno, del nome: “La figlia di Andreatta lasciala Rai per Netflix”. Sui social l’aria che tira non è più fresca: il 22 giugno l’investitura a vicepresidente delle serie originali italiane per la piattaforma streaming resuscita lo scudo crociato, con il logo Netflix al posto di Libertas.

La storia di Tinny Andreatta

Cherchez papà, Beniamino: economista, politico, più volte ministro, artefice dell’Ulivo, morto il 26 marzo del 2007. Il destino, invero, non è nel cognome: quando succede a Fabrizio Del Noce alla guida della serialità è ancora Eleonora, quando se ne va è diventata Tinny anche per il Servizio pubblico. Al nomignolo si ascrivono origini esotiche ma familiari: l’eroina, principessa esile e assertiva, di una pièce del premio Nobel Rabindranath Tagore, che i futuri papà Nino e mamma Giana vedono nel1961 in India. Nessuna certezza, fuorché: piccole donne crescono.

A Mazzini poteva disporre di duecento milioni di euro l’anno, con Netflix li avrà in un triennio, di cui un terzo già archiviato: entro il 2022 le serie italiane dovranno levitare a dieci in dodici mesi, e toccherà a lei. Archiviata la fase start-up senza lode e con qualche infamia, il servizio streaming deve decidere che fare da grande: basta succhiare la ruota a libri e film (Suburra, Summertime), basta esperimenti più o meno azzardati (Luna nera, Curon), a Tinny, che riporterà al capo degli scripted di Europa, Medio Oriente e Afiica Kelly Luegenbiehl, si chiedono ordine e metodo.

 

 

(Nella fotoEleonora Andreatta)