Pubblicato il 26/06/2020, 11:35 | Scritto da La Redazione

Daniele Luttazzi continua a bastonare Fabio Fazio

Compensi artistici in Rai: propongo di misurarli con l’indice Luttazzi (IL)

Il Fatto Quotidiano, pagina 10, di Daniele Luttazzi.

Il Fatto Quotidiano ha pubblicato cifre mai smentite: il compenso annuo di Fabiofazio è 2 milioni 240 mila euro l’anno; in quattro anni, il programma costerà alla Rai 73 milioni di euro. Replica di Fabiofazio: “La Corte dei conti ha dimostrato che il programma costa meno della metà di qualunque altro varietà della stessa fascia oraria”. Dunque, il paragone va fatto sulla stessa fascia oraria, non sulla media di rete, come fa altrove Fabiofazio.

Ma c’è un problema: la Corte dei conti spiega che il costo-puntata del suo programma è “meno della metà della media dei programmi di intrattenimento del servizio pubblico”. Di nuovo una media, addirittura dei programmi di intrattenimento! Il paragone, però, andrebbe fatto con altri talk-show, e della stessa fascia oraria, se si vuole un dato significativo.

I dati reali

La rai, da cui la Corte dei conti ha attinto le informazioni sul programma, considera infatti intrattenimento anche le fiction: hanno costi notevolmente superiori a un talk-show, che in paragone sembra regalato. Inoltre: stando alla Corte dei conti, “gli ascolti e gli incassi pubblicitari del programma sono stati adeguati”. Rispetto a cosa, se poi la Rai ha ritenuto di dover spostare il programma deludente su Rai2?

Quanto al compenso per Fabiofazio, infine, i giudici spiegano che in Rai le prestazioni artistiche non sono soggette al tetto retributivo di 240.000 euro annui previsto per i dirigenti. Giusto; ma questo non implica che i compensi artistici siano insindacabili. C’è un criterio per stabilire se sono eccessivi? Propongo il rapporto compenso/spettatori. Chiamiamolo”indice Luttazzi”(iL). Fabiofazio prende circa 2 milioni di euro l’anno. Su Rai2, il programma è visto da 2 milioni di spettatori. Fabiofazio quindi prende circa 1 euro a spettatore (iL = 1). Su Rai1 faceva circa 3 milioni e mezzo di spettatori, quindi prendeva circa 0,5 euro a spettatore (iL = 0,5). Se Amadeus prende 1 milione l’anno per condurre I soliti ignoti, con una media di 5 milioni di spettatori, il suo iL è 0,2.

Se Formigli a La7 nel 2016 prendeva 300 mila euro l’anno, con un’audience di 800 mila spettatori, il suo iL era 0,3. Il dato, calcolabile anche sull’audience di ogni puntata, permette un giudizio sul compenso (cioè sui rapporti di forza), ed è indipendente da quanto incassa il programma con la pubblicità, fattore influenzato innanzitutto dalla rete e dallo slot (lo dimostra proprio Fabiofazio, che a Rai2 ha uno share inferiore a quello che aveva su Rai1) (quindi fa incassare pure meno).

Le nuove regole Rai

Salini, infine, impone un tetto massimo del 30 per cento agli artisti di una stessa agenzia in uno stesso programma. Era ora, ma Fabiofazio chiosa: “Se un agente ha i migliori, che senso ha fargli la guerra o mettergli limiti?”. Spieghiamoglielo: il problema è il dumping degli artisti, una forma di concorrenza sleale. Un super-agente potrebbe piazzare al Tavolo di Fabiofazio, per dire, altri 3 o 4 artisti della propria scuderia, dando loro risalto (una promozione pagata dalla Rai, per giunta).

Tre dei tuoi vuol dire non-tre di altre agenzie. Fai così per 15-20 anni, e i tuoi artisti appariranno “i migliori”, dato che sono sempre in Tv: ma sono davvero i migliori? O sono solo più popolari grazie a quella prassi, finalmente vietata? Quanti artisti non trovano spazio in Tv perché non fanno parte di super-agenzie? Non me ne viene in mente nessuno.

 

(Nella foto Fabio Fazio a Sanremo)