Pubblicato il 23/06/2020, 11:34 | Scritto da La Redazione

Ecco a voi la pax Tv che fa felice Berlusconi (e non solo)

Ecco a voi la pax Tv che fa felice Berlusconi (e non solo)
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: più soldi dal canone alla Rai, meno pubblicità sulle reti pubbliche. Così le concessionarie di Mediaset, Sky, Discovery e La7 avranno migliori incassi. E il governo di Giuseppe Conte più consenso mediatico e una vita più lunga.

La pax tv di Conte: più canone alla Rai. E spot in aumento per Mediaset e La7

La Stampa, pagina 5, di Ilario Lombardo.

In un capolavoro di equilibrismo, Giuseppe Conte potrebbe riuscire a mettere d’accordo la Rai e i suoi diretti avversari sul mercato. Il governo lascerebbe a viale Mazzini una porzione maggiore del canone tv, nell’ordine dei 150-200 milioni di euro, in cambio però della rinuncia di una quota di pubblicità con la quale in parte si finanzia, vendendola a prezzi stracciati, il servizio pubblico. La questione è stata posta sul tavolo degli Stati Generali, ma in realtà è già da mesi che si trascina all’interno della Commissione di Vigilanza Rai, con implicazioni che mescolano interessi privati e opportunità politiche. Perché gli spettatori più interessati a questa vicenda sono Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia e padrone di Mediaset, e Urbano Cairo, editore di La7 e del Corriere della Sera, alle prese con il crollo della pubblicità, causa coronavirus.

Per comprendere al meglio la vicenda, però, bisogna inquadrarla nella cornice delle puntate precedenti. Dal 2015, quando il Governo Renzi obbligò al pagamento dell’imposta della tv in bolletta, una parte del canone è finita nel Fondo per il pluralismo dell’informazione. Un’altra fetta la trattiene il Tesoro, al punto che sono anni che l’Usigrai denuncia che «su 90 euro di canone, solo 74 arrivano alla Rai. Lo Stato – spiega il sindacato – trattiene 340 milioni di euro». Dopo tre ricorsi al Tar, lo scorso 7 febbraio è intervenuto pure il Consiglio di Stato che ha accusato il ministero dello Sviluppo economico di «inadempienza».

La guerra dei prezzi

Nel frattempo però la Rai è inseguita dall’accusa di fare «dumping» sulla pubblicità. In poche parole applica sconti tali da sfavorire la concorrenza, divorandosi una torta che servirebbe a sfamare non solo altre tv, ma anche radio o giornali. La pratica è diventata talmente diffusa che è dovuta intervenire l’AgCom, l’Authority garante degli equilibri sul mercato della comunicazione. Lo scorso 14 maggio, il presidente in uscita Angelo Cardani è stato ascoltato in Vigilanza dove ha lanciato un atto d’accusa durissimo. «La concessionaria del servizio pubblico – è scritto – aveva posto in essere un sistema non oggettivo e non trasparente per la formazione dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari», favorendo «una politica commerciale ambigua e potenzialmente lesiva di un corretto assetto di mercato». Cardani parla anche di opacità, perché, nonostante le numerose richieste, la Rai si è rifiutata di fornire i dati chiesti dall’Autorità. Accuse che hanno trovato ascolto a Palazzo Chigi.

 

(Nella foto Giuseppe Conte)