Pubblicato il 22/05/2020, 19:02 | Scritto da La Redazione

Paolo Cirino Pomicino a testa bassa contro La7

Paolo Cirino Pomicino a testa bassa contro La7
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: accuse durissime del vecchio leader democristiano al giornalista Andrea Purgatori, conduttore di “ Atlantide", per la puntata sulla strage di Capaci in cui morì il giudice Giovanni Falcone. “Falsità, omissioni. Una trasmissione ingiuriosa e calunniatrice della storia della Dc”.

Paolo Cirino Pomicino: “Su La7 troppe bugie sui rapporti mafia-Dc L’aiutino ai boss dal Pci”

Il Giornale, pagina 12, di Massimo M. Malpica.

Paolo Cirino Pomicino contro Andrea Purgatori. Con l’anniversario della strage di Capaci alle porte, il giornalista torna su La7 con una puntata di Atlantide dedicata all’attentato e alla trattativa Stato-mafia, ma l’ex ministro democristiano, davanti alla tv, balza sulla poltrona e detta un comunicato polemico al vetriolo, parlando di trasmissione «ingiuriosa e calunniatrice della storia della Dc» e chiedendo il diritto di replica. Cirino Pomicino ce l’ha soprattutto con la parte del programma dedicata al maxiprocesso contro i boss cominciato nel febbraio del 1986, e concluso con una raffica di condanne. «Cosa nostra è decimata e furiosa – spiega la voce fuori campo di Purgatori sulle immagini dei boss dietro le sbarre – la Dc non ha potuto fare nulla per impedire le condanne». «Di falsità e omissioni ce ne sono state talmente tante nel corso della trasmissione – replica l’ex ministro dello scudocrociato – che servirebbe un piccolo libro, ma questa proprio è la più grande».

Non le è piaciuto l’accostamento tra la rabbia dei mafiosi e l’impotenza del suo ex partito nel difenderli?

«Una falsità assoluta. Se il maxiprocesso si è concluso, è solo per un motivo. E precisamente perché quando buona parte dei boss erano usciti dal carcere per decorrenza dei termini, il governo Andreotti il 14 settembre 1989, su proposta del Guardasigilli Vassalli, fece un decreto legge che raddoppiava i termini della misura cautelare. Quel provvedimento fu come un mandato di cattura, infatti le forze dell’ordine provvidero a recuperare e riportare dietro le sbarre tutti i mafiosi che erano stati scarcerati».

Quindi rivendica il ruolo del governo e del partito di cui lei faceva parte nel aver permesso a quel processo di arrivare a conclusione.

«Certo. E anzi. Io mi occupavo ovviamente soprattutto di economia, altre faccende affliggevano la mia quotidianità, ma pensavo che quel decreto sarebbe andato liscio perché ovviamente condiviso, invece avvenne uno scontro durissimo con l’opposizione, con il Pci. Bisognerebbe leggere gli stenografici di quella seduta per constatare con quanta forza Luciano Violante osteggiò in prima persona quella misura, sostenendo che non bisognava assolutamente consentire il raddoppio dei termini di misura cautelare per i boss mafiosi, e che c’erano altre misure che potevano essere prese per controllare i boss usciti dal carcere. Con questo, sia ben chiaro, non intendo certo sostenere che Violante era amico dei mafiosi. Ma a maggior ragione non si può certo dire che la Democrazia cristiana abbia tutelato i mafiosi. Abbiamo fatto l’esatto contrario, e infatti abbiamo pagato anche col sangue, perché alcuni di noi siamo stati uccisi. Di fronte a una tale volgarità l’indignazione è il minimo che si possa provare. E quindi ho chiesto a La7, rete che apprezzo peraltro, di consentirmi una replica, anche in contraddittorio con giornalisti indipendenti, sulla storia della Democrazia cristiana».

 

(Nella foto Paolo Cirino Pomicino)