Pubblicato il 16/04/2020, 15:03 | Scritto da Gabriele Gambini

Francesco Facchinetti: Il futuro della tv è lo streaming. Sono stato golden boy Rai, ma oggi non ho rimpianti

Francesco Facchinetti: Il futuro della tv è lo streaming. Sono stato golden boy Rai, ma oggi non ho rimpianti
Francesco Facchinetti a tutto campo. La serie per Dplay Plus sulla sua vita familiare, intitolata The Facchinettis, il passato in Rai tra luci e ombre, il ruolo di talent scout con la sua agenzia.

Francesco Facchinetti: “Tenete d’occhio Maria Sole Pollio, è il volto del futuro”

Casa Vianello incontra The Osbournes in una villa di Mariano Comense? «Magari!», ridacchia Francesco Facchinetti pensando al suo The Facchinettis, dal 12 aprile disponibile su Dplay Plus, con il primo episodio in onda anche su Real Time domenica 19 aprile alle 21.30.

E però le dinamiche familiari raccontate nel docu-reality che ruota attorno alla famiglia del cantante, conduttore tv, imprenditore e re di instagram ammiccano all’atmosfera delle sceneggiature corali e spassose da ménage domestico. «Non abbiamo inventato niente, ci siamo limitati a raccontare il nostro quotidiano, da sempre bizzarro e sopra le righe», precisa Francesco. E quotidiano c’è, eccome: c’è il rapporto con la moglie, Wilma Helena Faissol, ci sono i quattro figli della coppia, ci sono le incursioni spassose di nonno Roby Facchinetti. Un progetto nuovo per l’ex golden boy Rai. «Quando avevo 28 anni mi sono ritrovato nella condizione di poter fare tutto ciò che volevo, in Rai hanno creduto in me, ho fatto determinate scelte che ho pagato, ma va bene così, non rimpiango nulla», dice lui. Aggiungendo: «Ciò che stiamo vivendo oggi, il coronavirus e la quarantena, accelererà il passaggio di molti contenuti dalla televisione tradizionale alle piattaforme streaming, siamo vicini a una Rivoluzione Copernicana».

The Facchinettis come Casa Vianello e The Osbournes?
Magari. L’orizzonte progettuale è quello. Casa Vianello è nel DNA degli italiani, qualcosa di inarrivabile e fondamentale per la tv nazionale. Possedere anche solo un millesimo del suo pathos, significherebbe aver scalato una vetta. The Osbournes ha segnato una nuova era della televisione mondiale. Lì si è cominciato a trattare il contenuto audiovisivo in modo differente, abbandonando progressivamente gli studi tv e raccontando la vita reale con fresca immediatezza. E poi io sono un fan sfegatato dei Black Sabbath, Ozzy Osbourne è un idolo. Quando iniziai a suonare, da adolescente, amavo il metal e mi vestivo di conseguenza. La prima evoluzione stilistica della mia generazione parte da lì: Ozzy, i Metallica col Black Album.
Chi potrebbe essere Ozzy in famiglia?
Mi diverte un mondo il parallelismo tra lui e mio padre Roby (ride, ndr).
Le prospettive della musica negli anni ’90 e quelle di oggi sono differenti?
Gli anni ’90 hanno segnato un fermento inimitabile per la musica. I dischi erano pensati con tempi più dilatati, prevedevano una fruizione ragionata ed erano portatori di contenuti rivoluzionari. Non voglio fare il nostalgico, ma oggi è diventato tutto più usa e getta. Cotto e mangiato. Il presente è già passato che ridiventa presente.
The Facchinettis racconta la verità o cerca il verosimile da sceneggiatura?
Siamo una famiglia esagerata per definizione, non abbiamo dovuto amplificare nulla, solo mostrarci a favor di telecamera per quel che siamo davvero. Per certi versi, siamo stati costretti a mitigare alcuni aspetti, che alcuni avrebbero potuto pensare come inventati ad arte.
Quando avete cominciato a girare?
Abbiamo iniziato a gennaio, siamo arrivati a ridosso di questo periodo di quarantena. La linea narrativa affronta il quotidiano senza narrarlo in voice over. Le puntate sono un frullatore di eventi. Si racconta ciò che accade e che potrebbe accadere in una famiglia normale. Ma la caratura bizzarra della nostra famiglia aumenta la portata empatica che speriamo coinvolga il pubblico.
Qualche aneddoto che racconterete?
Quando abbiamo affidato i nostri figli a nonno Roby, investito del ruolo di “tato”. Come è noto, quando un nonno si prende cura dei nipoti, è incline a diventare loro complice, a lasciare fare loro quello che desiderano. In questo caso con esiti stravaganti e disastrosi per i mobili di casa (ride ndr).
Molte vicende potrebbero ricordare le sue stories su Instagram.
The Facchinettis è anche un’estensione di quelle stories, ma con taglio televisivo. Il web oggi è collaterale alla tv e viceversa. Spesso non cambia la sostanza del contenuto. Cambia il modo in cui il contenuto viene trattato. C’è dialogo costante tra mezzi diversi che puntano a diventare complementari.
Ripensando alla sua carriera, dagli esordi con la musica, al ruolo di conduttore tv, alla creazione della sua agenzia e al fiuto come talent scout, nutre rimpianti particolari?
Ho fatto fino in fondo quel che volevo fare. C’è stato un momento della mia carriera in cui Giorgio Gori, Ilaria Dalla Tana e Antonio Marano mi chiamarono per propormi il ruolo di inviato a L’isola dei Famosi. Avevo 28 anni, mi piaceva ancora cantare, ma Marano identificò in me un volto giovane su cui la Rai poteva puntare con forza. Simona Ventura e i produttori si convinsero che potevo diventare The next big thing. Iniziò un periodo florido, mi sono ritrovato a poter fare ciò che volevo, con gli investitori che mi cercavano, quattro telepromozioni a programma. Senza aver compiuto neanche 30 anni.
Una proposta allettante di quel periodo?
L’anno in cui Antonella Clerici condusse Sanremo, mi proposero di far parte della squadra con un ruolo di primo piano. Ma decidemmo che forse era presto, era meglio aspettare.
Poi che cosa accadde?
Ho pensato a come strutturare una mia progettualità. Per prima cosa, ho chiesto di poter includere soltanto under 30 nel mio gruppo di lavoro, non considerando altre opzioni. Presi decisioni coraggiose, senza considerare che non tutti avrebbero gradito. Fino a quando hai potere, lo puoi esercitare. Se inizi a perderlo, ti presentano il conto.
Ha pagato quel conto?
Sono state fatte altre scelte, gradualmente sono stato parcheggiato altrove. Hanno chiuso il mio Raiboh senza guardare agli ascolti. Ho capito che i margini di manovra sarebbero stati sempre più risicati. Nel frattempo ho fondato la mia società di management, mantenendo inalterata la mia linea di pensiero: il 90% dei suoi volti sono under 30.
In Rai di recente ha partecipato a Il cantante mascherato.
Ho goduto come un riccio. Mi sono sentito molto bene lì.
La contingenza da coronavirus cambierà il modo di vivere e fare spettacolo?
Il coronavirus accelererà il passaggio dalla tv alle piattaforme streaming. La tv classica sarà sempre più istituzionale e profilata sull’informazione. La tv d’intrattenimento manterrà una sua valenza, ma perderà parte di quell’appalto che deteneva nei confronti del pubblico. Anche nella musica sono imminenti rivoluzioni copernicane. Un certo modo di intendere lo spettacolo è forse destinato a cambiare.
Da talent scout: un nome interessante su cui puntare per il futuro?
Maria Sole Pollio. Ha tutte le qualità che servono oggi: un talent multiforme cresciuto col digitale che ama la televisione ed è dotata di concretezza capace di esulare dal contesto social. Ha solo 16 anni, ma è già attrice e conduttrice con basi solide.

Gabriele Gambini

(nella foto Francesco Facchinetti e Wilma Helena Faissol)