Pubblicato il 09/04/2020, 17:10 | Scritto da La Redazione
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La signora delle teche dice la sua

“Vi avviso, gli archivi non possono essere il rifugio di questi tempi infelici”

Il Foglio, pagina 2, di Carmelo Curso.

La signora delle teche Rai non sopporta la lacrimuccia. Non pensa che il meglio è passato, (“E però, i varietà di Antonello Falqui…”), non crede che bisogna rifugiarsi nei ricordi, tanto più in quelli felici (“Anche io riguardo i Fratelli Haramazov di Sandro Bolchi, ma non toglietemi la Casa di Carta”). Insomma, la signora della televisione carillon non ama la polvere anche se è quella della storia. Si chiama Maria Pia Ammirati e dal 2014 è la direttrice di Rai Teche che è ormai la tana dei quarantenati, l’altro irresistibile palinsesto.

A marzo, il portale web, che taglia, cuce, incolla e ripropone, e dunque riavvolge il rullino Italia, è stato visitato da quasi mezzo milione di utenti. Mentre scriviamo, ci colleghiamo anche noi e rivediamo la tribuna politica del 1987 di Paolo Villaggio che presenta la sua candidatura a Democrazia Proletaria. E’ nella tendina “i più popolari”. “E non si contano i visitatori di Rai Play che mescola i vecchi contenuti con i nuovi” risponde la direttrice che è anche scrittrice (è stata finalista al premio Strega), ma in passato autrice, anzi, “autoricino” e poi giornalista (“A Diario, Paese Sera”). Laurea? “In Lettere a La Sapienza con una tesi sul romanzo degli anni ’80. I miei professori sono stati Natalino Sapegno, Alberto Asor Rosa.

E pensare che volevo prendere pure un’altra laurea in Filosofia del Linguaggio. Tullio De Mauro mi sconsigliò: `Inizia a lavorare. Lascia perdere”. In Rai come è entrata? “Nel 1989. Precaria, autore radio. Poi il primo contratto, ma non da giornalista. Impiegata”. Sotto la sua direzione lavorano centocinquanta tecnici che ogni giorno conservano tutto quello che la Rai trasmette e digitalizzano quanto è stato già trasmesso (“Tre milioni di cassette che significa due milioni di pellicole da sedici millimetri e da trentacinque”). Nel ruolo che oggi occupa l’ha chiamata il vecchio dg (ma quanti altri dg dopo di lui?) Antonio Campo Dall’Orto. Ci è rimasta da allora. Diciamo come un topo in biblioteca? “Diciamo che le nostre biblioteche sono i capannoni. Le teche sono conservate in una grande struttura a Roma, sulla Salaria.

Ma abbiamo anche un ricovero che si trova a Torino nel caso in cui andassero perduti i supporti. Vengono a farci visita dall’estero e poi registi, attori per consultare il catalogo. Gli ultimi sono stati Ridley Scott e Pierfrancesco Favino per interpretare il suo `traditore”‘ ricorda la direttrice che è la bella anomalia Rai, e non solo per il curriculum, ma per cortesia che è quella antica dell’azienda davvero culturale. E infatti, la tv di stato, per colpa del virus, è tornata alle teche e non si creda come operazione solamente di recupero. Senza ospiti e senza produzioni, la teca è il rimedio finale, il paracetamolo dei direttori di rete che, in verità, sono sempre in crisi di fantasia. Gli archivi televisivi, non solo in Italia, registrano il loro rinascimento dato che il passato, soprattutto adesso, finisce per essere preferito al presente.

 

(Nella foto Maria Pia Ammirati)