Pubblicato il 07/04/2020, 11:31 | Scritto da La Redazione
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Open Fiber farà causa a Tim

Open Fiber farà causa a Tim
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: Elisabetta Ripa, A.D. di Open Fiber, fa il punto della situazione sullo stato della fibra ottica in Italia.

“Open Fiber, il virus carica la rete Noi lavoriamo per la ripartenza”

La Stampa, pagina 21, di Francesco Spini.

In questi giorni di lockdown l’aumento di traffico di dati sulla nostra rete, soprattutto nelle grandi città, arriva incrementi del 40-70% in “download” e fino al 300% in upload. Segno del moltiplicarsi di videoconferenza, tra scuola e lavoro a distanza e giochi online. Ma la nostra infrastruttura sta rispondendobene», assicura Elisabetta Ripa, amministratore delegato di Open Fiber, la società a matrice prevalentemente pubblica (50% è di Cdp, l’altra metà è di Enel) nata a fine 2016 per accelerare la diffusione della fibra ottica.

Fino a che punto può reggere la rete?

«Tutte le reti a banda ultra larga funzionano bene quando non c’è elevata contemporaneità. Laddove invece c’è contestualità di collegamenti, come ora, la fibra ottica che arriva fin dentro case e uffici, sul modello Ftth, è quella posizionata meglio. Mentre altre sono al limite, la nostra è già dimensionata per incrementi di traffico significativi, ben al di sopra di quello attuale».

Come affrontate questo periodo di emergenza?

«Stiamo proseguendo con le attività, anche se molti cantieri sono rallentati per evitare le inevitabili concentrazioni di operai e anche perché la filiera in parte è bloccata. Usiamo questo periodo per fare formazione e stiamo dando sostegno finanziario ai nostri fornitori. Organizziamo l’attività in vista della ripresa, per accelerare quanto più possibile. L’emergenza dimostra come sia necessario sostituire con rapidità le reti in rame per do- tare il Paese dell’infrastruttura idonea».

Il governo sostiene che siete in ritardo due anni nel cablare le aree rurali.

«In ritardo di due anni? Bisognerebbe ricordare che Open Fiber ha iniziato i lavori solo nel 2018. Le concessioni sono state bloccate per lungaggini burocratiche e ricorsi di altri operatori, in particolare diTim».

Su 6 mila comuni ne sono stati collaudati 115, lo 0,8%. Non è poco?

«Quelli sono i collaudi formali, ma i servizi in realtà sono già disponibili per la collettività in oltre 250 comuni. Stiamo accelerando la messa a disposizione di un’infrastruttura che, ricordiamolo, per funzionare deve essere completata. I singoli cluster territoriali sono co- me ponti: non se ne può aprire al traffico un pezzo, prima devono essere ultimati».

Qual è la tabella di marcia?

«In due anni abbiamo collegato 8,5 milioni di case, siamo la terza rete in fibra in Europa dietro la spagnola Telefonica e la francese Orange. Siamo il primo operatore wholesale, all’ingrosso. Completeremo tutte le regioni entro il 2022, a eccezione di Piemonte, Lombardia e Veneto, che saranno completate nel 2023».

Intanto, per l’emergenza, l’Agcom ha dato l’ok a Tim per aprire 5 mila armadi stradali nelle aree rurali di cui voi avevate vinto la concessione. Cosa ne pensa?

«Sono importanti gli investimenti di tutti. Certo che se Telecom avesse investito prima non ci troveremmo in questa emergenza. I cabinet di Tim peraltro sono stati oggetto anche della multa dell’Antitrust per abuso di posizione dominante». Conferma che farete causa a Telecom per danni? «Sì, dopo la decisione dell’Antitrust il cda deve tutelare gli interessi della società». il momento non dovrebbe favorire invece la nascita della rete unica tra voi eTim? «Ci sono varie teorie. C’è chi dice che per accelerare gli investimenti la competizione sia lo strumento migliore. Per evitare duplicazioni c’è la strada delle collaborazioni e del coinvestimento».

Come vedrebbe una sola rete sotto il cappello di Tim?

«L’operatore verticalmente integrato non è il nostro modello di riferimento e non è compatibile con la regolamentazione e gli orientamenti normativi vigenti. Quello che conta oggi è investire nelle infrastrutture digitali, anche per sostenere la ripresa e l’occupazione. Questo mi interessa: nel 2018 siamo partiti con 5 mila lavoratori nell’indotto, quest’anno abbiamo toccato picchi di 14mila».

Che mondo si aspetta a fine emergenza?

«Un mondo più consapevole del valore delle infrastrutture di telecomunicazione e dell’importanza delle semplificazioni per realizzarle. L’emergenza è un corso accelerato di digitalizzazione che contribuirà a una maggiore adozione di servizi evoluti, dal lavoro alla scuola fino alla sanità».

Abbiamo perso il treno per allinearci all’agenda europea del 2020. Recupereremo?

«Pensiamo già agli obiettivi del 2025 della Gigabit Society, che punta a garantire entro il 2025 una banda pronta al gigabit per tutti. Non mancheremo all’appuntamento».