Pubblicato il 03/04/2020, 15:04 | Scritto da La Redazione
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Cosa abbiamo capito della tv grazie al coronavirus

Cosa abbiamo capito della tv grazie al coronavirus
In queste settimane d’isolamento, anche televisivo, abbiamo capito che il pubblico in studio non è così indispensabile, che i prezzemolini del tubo catodico hanno case come le nostre e che si può fare informazione in maniera molto smart.

Crescono gli ascolti tv, ma la pubblicità scappa

Gli analisti televisivi, quelli che macinano e interpretano i dati ogni giorno, ci dicono che la platea televisiva si è notevolmente ampliata, per ovvie cause di forza maggiore. Siamo tutti a casa e tra un libro, una videolezione di pilates e la pizza home made del sabato sera, passiamo molto più tempo davanti alla tv rispetto a prima, a quando eravamo liberi. Nonostante questo fenomeno, abbiamo però capito che il mercato pubblicitario è limitato. Non s’investe proporzionalmente al maggior pubblico presente, perché lo stesso pubblico domani non potrà andare a comprare quelle macchine, quegli orologi, quei jeans… E, conseguentemente, le reti hanno deciso di puntare su una programmazione tendenzialmente monotematica e più “economicamente sostenibile”.

La programmazione

Se si escludono le repliche, le fiction e quei programmi come il Grande Fratello Vip e Amici di Maria de Filippi, che erano iniziati prima della pandemia, l’intrattenimento fatto in studio è diventato un genere non compatibile con il momento storico, sia per la sua realizzazione, che diventa praticamente impossibile (casting, contagi, pubblico in studio e conseguente assembramento), sia perché sembra che al pubblico vada bene intrattenersi con l’informazione (quindi il discorso del Presidente Conte o l’Urbi et Orbi di Papa Francesco diventano gli eventi più attesi della settimana). Quello che accadrà con i programmi di intrattenimento nella fase post-quarantena lo capiremo solo vivendo. E gli addetti ai lavori lo sanno bene.

Monopolio coronavirus

Facendo zapping da un canale all’altro, in questi giorni di quarantena, si ha l’impressione che non esista più un confine, una barriera tra le varie reti. Il tema affrontato è uno e uno solo: il coronavirus. Il flusso d’informazioni è continuo, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ti addormenti con lo speciale sulla pandemia e ti svegli con l’approfondimento sulla pandemia. E durante la giornata vedi solo programmi con ospiti provenienti dal mondo della scienza, della politica, della Chiesa (ma perché?), che parlano in modo più o meno competente di… coronavirus!

Ma non è solo il tema trattato a essere spalmato omogeneamente in ogni programma. Sono anche il linguaggio e la struttura a essere la stessa: conduttore in studio e ospiti collegati via Internet. Si crea così un doppio fenomeno che potrebbe essere linguisticamente considerato il nuovo specifico televisivo ai tempi del virus.

La tv via Skype

Da una parte si fa, per la prima volta in maniera così preponderante, Tv tramite Skype, realizzando una specie di smart working televisivo. Nei suoi primi esperimenti, i primissimi giorni, questa modalità appariva alquanto goffa e impacciata, ma day by day sta diventando sempre più addomesticata, per i conduttori, per la regia e anche per gli ospiti, tanto che adesso riescono “finalmente” a litigare anche a distanza. Dall’altra parte abbiamo la formazione di una nuova scenografia televisiva: l’uso continuo delle videochiamate mostra quel fenomeno che i massmediologi definiscono la «pubblicizzazione dello spazio privato», creando una sorta di Big Brother realmente domestico. E così noi spettatori entriamo nelle case dei vari ospiti, i quali scelgono accuratamente come posizionare l’inquadratura e quale sfondo usare. Il che li rende più “umani”, più vicini, più simili a tutti noi, in opposizione alla neutralità che conferisce invece lo studio televisivo.

E allora vediamo l’austero burocrate con dietro una libreria nella quale spicca una giraffa, una senatrice di Forza Italia sul divano con dietro una lampada che forma la scritta “Love”, una deputata del Pd seduta su una poltrona di pelle rossa, che ricorda tanto il trono di Uomini e Donne. Ognuno, insomma, si presenta come vuole, com’è. E la cosa non è poi così male.

Cosa succederà dopo

Chissà se quando questo periodo finirà torneremo non solo ad abbracciarci e ad andare a cena fuori, ma anche a fare tv come prima o se, sdoganata questa nuova modalità più “smart”, renderemo la comunicazione televisiva più leggera, anche quando si tratta di informazione. Per di più, siamo tutti d’accordo che l’80% delle trasmissioni può benissimo fare a meno del tanto agognato pubblico in studio?

Diciamocelo chiaramente: volenti o nolenti il precedente è stato creato.. e non è poi così male. Forse.

 

Andrea Arinci

 

(Nella foto Mara Venier in collegamento con Fedez)