Pubblicato il 19/03/2020, 17:00 | Scritto da Tiziana Leone

Alessio Vassallo: Pippo Genuardi mi assomiglia in molte cose, prima tra tutte quella di prendersi colpe che non ha

Alessio Vassallo: Pippo Genuardi mi assomiglia in molte cose, prima tra tutte quella di prendersi colpe che non ha
La collection C’era una volta Vigata si arricchisce di un nuovo capitolo con La concessione del telefono per la regia di Roan Johnson. Protagonista è Alessio Vassallo. Dopo il successo di La mossa del cavallo e La stagione della caccia, che hanno entrambi superato il 30% di share, l’immaginifico mondo di Vigàta nato dalla magica […]

La collection C’era una volta Vigata si arricchisce di un nuovo capitolo con La concessione del telefono per la regia di Roan Johnson. Protagonista è Alessio Vassallo.

Dopo il successo di La mossa del cavallo e La stagione della caccia, che hanno entrambi superato il 30% di share, l’immaginifico mondo di Vigàta nato dalla magica penna di Andrea Camilleri torna in tv: La concessione del telefono, in onda lunedì su Raiuno, con la regia di Roan Johnson, tratto dall’omonimo romanzo storico, riporta alla ribalta l’immaginaria cittadina, resa unica dalla fantasia del grande scrittore siciliano.

Pippo Genuardi (Alessio Vassallo) nato a Vigàta il 3 settembre 1856, è un commerciante di legnami che però non si accontenta mai. Dopo aver sposato Taninè Schilirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigàta, decide di fare di tutto per avere a casa la linea del telefono. Ma spedendo tre lettere al Prefetto Marascianno, un napoletano paranoico e complottista, interpretato da Corrado Guzzanti , mette in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto due fuochi incrociati: lo Stato, che pensa di avere a che fare con un pericoloso sovversivo, e l’uomo “di rispetto” Don Lollò (Fabrizio Bentivoglio) che inizia a credere che il Genuardi lo stia prendendo per fesso. Per ottenere l’agognata “concessione del telefono”, infatti, Genuardi sarà disposto a tutto: cercare l’appoggio di suo suocero, ma anche della mafia; corrompere funzionari pubblici e tradire il suo vecchio amico Sasà (Corrado  Fortuna). Il tutto sotto gli occhi del Questore Monterchi (Thomas Trabacchi) venuto dal Nord, che osserverà sgomento e impotente il concatenarsi folle degli eventi.

Alessio Vassallo cosa hai in comune con Genuardi?

«Nella vita io sono assolutamente Pippo Genuardi, non con la burocrazia o la mafia, ma tra amici o nelle situazioni amorose. Mi sono sempre trovato nei casini pur non avendo le colpe. Anzi, spesso mi prendo colpe non mie per mettere fine alla vicenda. Anche la sua ingenuità è una cosa che mi appartiene, anche se la sua sfiora quasi la stupidità».

Cosa ti ha affascinato di questa storia?

«Innanzitutto il fatto che non sia un genere unico, ma che si passi dalla commedia alla tragedia in un attimo: dal punto di vista interpretativo è stato stimolante. E poi il fatto che il centro della storia sia la verità, o meglio la malalingua siciliana che come un virus passa di persona in persona, finché  la verità non è più la realtà delle cose, ma quello che viene detto».

Trovi che questo, con le tante lettere che il protagonista scrive di suo pugno, sia uno dei libri di Camilleri tra i più complessi da riportare in tv?

«Sì, ma il regista è stato bravissimo a trasformare le lettere scritte nel libro in immagini, non era un’operazione facile, ma il meccanismo che ne esce è divertente. Alcune volte le trame di Camilleri possono essere più complesse di altre classiche della fiction, ma  la forza della sua scrittura sta tutta nei personaggi, uomini che a volte cadono nell’errore, come accade allo stesso Montalbano, ma che per questo tendono a portare il pubblico ad affezionarsi a loro. Tutti noi, in quanto esseri umani, ci ritroviamo in alcuni dei loro sbagli».

Tu sei di Palermo, che Sicilia ritrovi nei libri di Camilleri?

«Quando leggo i suoi libri vengono fuori tutti gli odori della mia terra, una Sicilia non stereotipata già vista in tutte le salse al cinema e in tv, ma la Sicilia fatta di persone che conoscono e riconosco».

Genuardi lotta per avere la concessione del telefono. Tu per cosa hai lottato nella vita?

«Lotto  per trovare un equilibrio, sempre difficile da mantenere nel mio mestiere. Ho lottato per il mio lavoro da quando ho 19 anni e ora che ne ho 36  mi guardo indietro e sono consapevole di aver fatto un bel percorso. Prendo in prestito il titolo di un film a cui ho preso parte e che ha vinto il festival del cinema di Roma, Fino a qui  tutto bene».

Hai interpretato Mimì Augello ne Il Giovane Montalbano. Pensi che quella fiction sia un’esperienza da continuare?

«Me lo auguro, sarebbe bello tornare con tutta la squadra del Giovane Montalbano a Vigata. Ho avuto la fortuna di andare a Vigata per quattro volte, due con il Giovane Montalbano e una con La stagione della caccia, tornare in quei luoghi è la cosa più bella del mondo. Il Giovane Montalbano è andato molto bene anche all’estero, quindi perché no?».

Prima di andare nella Vigata televisiva, come te la immaginavi?

«Non me la immaginavo, anche perché non conoscevo la Sicilia orientale. Poi me ne sono innamorato. Ma io lo dico sempre, ragazzi Vigata esiste».

All’estero, e non solo, c’è chi lo pensa davvero.

«E fanno bene a pensarlo».

Tu vivi a Roma, come vivi questi lunghi giorni lontano dalla tua terra e dalla tua famiglia? 

«Ho i miei genitori in Sicilia e sono preoccupato, gli faccio mille raccomandazioni  D’altronde è giusto restare a casa, ci siamo fermati tutti, è come se la terra ci stia chiedendo di darle tregua, farla  respirare, ma ci deve essere un risvolto positivo in tutto ciò. Spero che quando finirà le persone avranno voglia di guardarsi negli occhi, correre nelle piazze, bersi una birra insieme: stavamo diventando troppo streaming anche senza il virus. Spero che dopo tutto questo ognuno di noi abbia la voglia di riscoprire il contatto umano e la condivisione, perché  non possiamo pensare di vivere attraverso uno schermo. E poi mi associo a tutti nel ringraziamento a medici e infermieri, ma anche a chi lavora nei supermercati, insomma a tutte quelle persone che ci permettono di stare a casa comodamente. Nel nostro piccolo noi artisti abbiamo il compito di prende per mano il pubblico e farlo svagare per qualche ora,  non è come salvare vite umane, ma almeno aiutiamo a far dimenticare per un po’ i nostri problemi».

Tiziana Leone

(nella foto Alessio Vassallo)