Pubblicato il 14/02/2020, 17:00 | Scritto da Tiziana Leone

Alfonso Sabella, “padre” de Il cacciatore racconta la sua vera mafia: È fatta di bestie, non di uomini d’onore

Alfonso Sabella, “padre” de Il cacciatore racconta la sua vera mafia: È fatta di bestie, non di uomini d’onore
Il magistrato è autore del libro da cui è tratta la serie Il cacciatore, interpretata da Francesco Montanari, al via mercoledì prossimo su Raidue.

Il racconto stavolta è incentrato sulla sfida tra il pubblico ministero Saverio Barone  (Montanari) e il boss Giovanni Brusca (Edoardo Pesce), capo di Cosa Nostra, l’uomo che tiene sequestrato il piccolo Giuseppe Di Matteo.

«Quando ho scritto il mio libro, avevo un intento ben preciso in mente: provare a cancellare l’immagine patinata della mafia vista al cinema. Il Padrino, pure essendo un capolavoro, non racconta la mafia che ho visto io. Non ho incontrato uomini d’onore, ma bestie senza alcun rispetto per le vite umane, capaci di uccidere donne e bambini.  Volevo raccontare gli orrori senza nulla che potesse riportare al fascino del male. Questa fiction è nata per fare sì che i ragazzi possano dire “Voglio schierarmi dalla parte del bene”». Alfonso Sabella, magistrato e autore del libro Il cacciatore di mafiosi racconta la genesi della serie Il cacciatore, da cui è tratta,  diretta da Davide Marengo e interpretata da Francesco Montanari, al via con la seconda stagione da mercoledì prossimo su Raidue.

Il racconto stavolta è incentrato sulla sfida tra il pubblico ministero Saverio Barone  (Montanari) e il boss Giovanni Brusca (Edoardo Pesce), capo di Cosa Nostra, l’uomo che tiene sequestrato il piccolo Giuseppe Di Matteo da qualche parte nel suo immenso territorio. Una sfida che anche nella realtà Sabella ha perso. «E’ stato il spartiacque,  il mio fallimento, ricordo ancora quella notte di gennaio del 1996 – ammette il magistrato – E ancora oggi ho il rimorso per non esser riuscito a salvare la vita al piccolo Di Matteo, pur avendo la piena consapevolezza di aver fatto di tutto per cercare di riportarlo alla madre. Purtroppo non ci siamo riusciti. Ancora oggi mi porto addosso il rimorso, irrazionale, perché Brusca aveva dato ordine di ucciderlo in caso di una sua cattura».

Sarà  Montanari a portare sul piccolo schermo quel rimorso. «Anche se il personaggio di oggi è più simile sul piano caratteriale a quello che ero io allora» va avanti il magistrato che, nonostante tutto, racconta questa seconda stagione come quella della vittoria dello Stato sulla mafia. «Questa storia racconta una stagione di successi della Stato sulla mafia. Una storia che in Italia si tende a non raccontare. Dopo le morti di Falcone e Borsellino, lo Stato ha dimostrato di riuscire a sconfiggere la mafia, sono stati presi i suoi beni e i suoi arsenali, abbiamo ridotto Cosa Nostra alla terza organizzazione mafiosa in Italia, e anche se non abbiamo vinto la guerra, abbiamo assestato un colpo importante. Ma tutto questo purtroppo non viene mai ricordato. Mi resta il dubbio che se certi strumenti normativi li avessero avuti anche Falcone e Borsellino forse avremmo avuto una storia diversa in questo Paese». 

Tiziana Leone

(nella foto Francesco Montanari)