Pubblicato il 06/12/2019, 19:04 | Scritto da Gabriele Gambini

Eugenio Campagna, Ponzio Pilato, X-Factor e quel “Sono stanco” diventato iconico

Eugenio Campagna: “Calcutta e io siamo molto distanti, il raffronto con lui ha pesato”

Nel Vangelo di Giovanni, quando il Cristo, interrogato da Ponzio Pilato, lo informa di incarnare in prima persona «La verità», il prefetto romano, relativista come tutti i pagani, resta perplesso: «Che cos’è la verità?», si domanda. Ma la verità può essere molte altre cose. Un quotidiano diretto da Maurizio Belpietro. Oppure un’aderenza significativa tra pensiero e realtà. Eugenio Campagna, fresco eliminato da X-Factor, ne è quasi ossessionato. Quando gli si chiede di definire la sua musica, pronuncia la parola «verità» molte volte. Dice di suonare «real pop»  e di cercare la realtà delle cose nei suoi testi. Non gli è bastato a evitare l’eliminazione nelle semifinali del talent show Sky. Ma gli è servito a giustificare lo scivolone dialettico nella puntata della settimana precedente, quando gli è scappato un «Sono stanco» per spiegare un’esibizione non proprio brillante, che gli è costato la disapprovazione dei giudici.

Pentito di quella frase?

Era una frase ingenuamente sincera. Volevo sintetizzare, con i tempi televisivi, il mio stato d’animo, la tensione di fronte a una performance che non mi era affatto piaciuta. Era un po’ come dire: «Non è giornata». Invece è diventata una battuta iconica. Mi dispiace. Chiedo scusa se è stata mal interpretata.

Malika Ayane avrebbe potuto invocare il Tilt anziché eliminarti.

Ogni giudice gioca con le strategie per favorire la propria squadra, è la logica del talent show e non mi stupisce. Tutti i partecipanti di queste semifinali però erano davvero forti.

Chi ti ha stupito in particolar modo?

I ragazzi de La Sierra hanno fatto un gran lavoro. All’inizio pensavano che l’autotune sarebbe stato penalizzante, invece hanno costruito un loro mondo. Sofia invece non stupisce più: è bravissima e ha le carte in regola per vincere.

Come ha vissuto l’atmosfera del Loft?

Sono un cantautore, mi nutro di incontri con persone e di situazioni. La vita nel loft mi stava un po’ stretta. Si tratta di un esperimento sociale forte, ho vissuto una piccola crisi che mi ha ricordato gli attacchi di panico. Ma sono fiero del mio percorso.

Il rapporto con Mara Maionchi?

Mara è la signora della discografia italiana. Una dispensa di consigli vivente e aggiornatissima. Ha saputo ridimensionarmi quando era necessario, riportarmi alla terra, alla verità e all’essenza delle cose.

Gli altri giudici invece come si sono comportati?

Malika è dolce e sognatrice, Samuel simpaticissimo, con lui ho legato molto. Dopo il party post-puntata, mi hanno detto che chiedeva di me. Sfera Ebbasta è un ragazzo cordialissimo, umile, molto rispettoso del lavoro degli altri.

Che cosa ha pesato di più durante il percorso?

Il raffronto con Calcutta è stato un fardello difficile da scrollarmi di dosso. In comune abbiamo la regione di provenienza, ma le nostre direzioni musicali sono differenti. Mi sarebbe piaciuto cantare Nessuno vuole essere Robin nella seconda manche della semifinale. Peccato non averlo potuto fare.

Un momento bello e un mento brutto dell’avventura a X-Factor?

Un momento brutto l’ho vissuto dopo il sesto live, quando ho cantato male. Il momento più emozionante è stato incontrare Tiziano Ferro e scoprire che aveva apprezzato davvero il mio inedito, commentandolo tecnicamente.

Gabriele Gambini

(nella foto Eugenio Campagna)