Pubblicato il 04/12/2019, 17:00 | Scritto da Tiziana Leone

Carlo Freccero, lo strepitoso arrivo e il silenzioso addio

Carlo Freccero, lo strepitoso arrivo e il silenzioso addio
Il direttore di Raidue ha lasciato la sua poltrona lo scorso 29 novembre, dopo un anno di lavoro a titolo completamente gratuito.

Era arrivato un anno fa accolto da una affollata conferenza stampa, se n’è andato senza nemmeno un comunicato di ringraziamento da parte dell’azienda.

Carlo Freccero era arrivato strepitando. Gridando vendetta. Assaporando il gusto dolce della rivincita. Strombazzando in un’affollata conferenza stampa le sue intenzioni. Se n’è andato in silenzio. Sostituito da un interim. Senza nemmeno un grazie per il lavoro fatto a titolo gratuito. Nella sua stanza non è rimasto nulla. Nemmeno un nuovo direttore. Le sue veci le fa l’ad Fabrizio Salini che vorrebbe occuparsi di Raidue almeno mezz’ora al giorno, come ha promesso ai dirigenti della rete, ma non ce la fa. Comprensibile. Gli manca solo Raidue.

Freccero aveva promesso che prima di salutare e concludere la sua parabola a Viale Mazzini avrebbe raccontato il suo anno nella tv di Stato in un incontro stampa. E invece no, ha preferito lasciare la Rai senza proclami. Si dice stia scrivendo un libro, dove forse infilerà con una penna tagliente tutto quello che ha preferito non dire, nonostante in questo anno di cose ne abbia dette. Ma anche Freccero, il genio, la mente televisiva, il rivoluzionario, ha dovuto fare i conti con una tv che non era più quella in cui la sua creatività era esplosa.

L’anno di Freccero

Ha lasciato sul campo flop come Povera Patria, Popolo Sovrano e Realiti Sciò, programmi presentati come capaci di scardinare la tv degli automi, ma finiti inesorabilmente nel nulla di fatto. Ha depennato trasmissioni come B come Sabato e Mezzogiorno in famiglia, scatenando un solo grido di protesta, quello di Adriana Volpe, ha cancellato Quelli che dopo il Tg, cui è seguito un putiferio causa consueta ipotesi di censura a Luca e Paolo che imitavano l’allora Ministro dei Trasporti Toninelli.  Nemmeno quando ha riportato The Voice su Raidue è riuscito a prendersi gli sperati applausi sperati, tutta colpa di Sferaebbasta, che voleva tra i giudici in una delle sedie girevoli, ma che Salini ha bloccato prima che si girasse. Troppi gli anatemi che gli sarebbero piovuti addosso. Così Sfera si è andato ad accomodare sulla poltrona di X Factor. Il 4,3% di share dello show del signore dei pentastellati, Beppe Grillo in prima serata ha solo offerto alla tribù di Michele Anzaldi l’ennesimo motivo per gridare all’occupazione politica della Rai. Mentre la cucina di Carlo Cracco, non proprio un esempio di successo, ha quanto meno sdoganato un cooking show fatto solo per promuovere una marca di cucine. E’ la pubblicità, bellezza.

L’eredità lasciata

In eredità Freccero ha lasciato una Simona Ventura in grande spolvero ma ancora in cerca di share, uno Stefano De Martino buono per ogni programma,  il Tg2 Post, rimasto nel limbo dell’access prime time, i Maledetti Amici Miei, costretti ancora a trovare un posto in palinsesto, The Good Doctor, le commedie di Vincenzo Salemme in prima serata, oltre ad aver ridato lustro a Gianni Boncompagni, raccontato dall’amico Renzo Arbore e aver offerto a Morgan la possibilità di raccontare i Queen a modo suo, tra le grida dei soliti social sdegnati.

Daniele Luttazzi

Di Daniele Luttazzi, di cui Freccero aveva promesso il ritorno appena arrivato in Rai, se ne sono perse le tracce, scomparso nei meandri di Viale Mazzini, dove stanza dopo stanza si sono accorti che riportare il comico in tv costava troppo e forse conveniva anche meno. Meglio affidarsi alle Battute di Riccardo Rossi e colleghi, che hanno persino ottenuto una breve e fugace apparizione in quasi prima serata. In attesa del ritorno di Pechino Express, Freccero ha raccolto il successo del Collegio, un merito che in realtà spetta all’ex direttore Ilaria Dalla Tana, la prima a voler portare il programma sulla rete che allora dirigeva. Ma noi lo vogliamo ricordare come il direttore che non si tirava mai indietro di fronte alle domande, il direttore che prometteva programmi e poi li cambiava, il direttore che al quinto piano sentivano strepitare, il direttore che lavorava gratis, il direttore che si ispirava a Truffat e Bertolucci, ma faceva solo la tv. 

Tiziana Leone

(nella foto Carlo Freccero)