Pubblicato il 28/10/2019, 19:04 | Scritto da Gabriele Gambini

Sabrina Donadel: Racconto l’arte contemporanea visitando le case dei mecenati

Sabrina Donadel: Racconto l’arte contemporanea visitando le case dei mecenati
Dopo il successo delle prime due stagioni, da lunedì 28 ottobre su Sky Arte, Sabrina Donadel torna con otto nuovi episodi del suo Private Collection, un appassionante racconto dell'arte contemporanea che parte dall'ingresso nelle case dei collezionisti.

Il protagonista della prima puntata della nuova stagione di Private Collection è il collezionista Antonio Delle Nogare

C’è un perturbante effetto di straniamento, davanti a un’opera d’arte contemporanea. Da quando il concettuale si è sovrapposto alla prestazione manuale dell’artista artiere, l’effettiva importanza culturale di un’opera ha acquisito orizzonti progettuali ampi, non sempre riconoscibili nell’immediato. Da questi presupposti nasceva su Sky Arte quel Questo potevo farlo anch’io condotto da Alessandro Cattelan, che, partendo dall’ironia, raccontava un mondo.
Presupposti diversi invece sanciscono il grande successo del Private Collection di Sabrina Donadel (da lunedì 28 ottobre su Sky Arte alle 20.45). Siamo alla terza edizione, la conduttrice-ideatrice-produttrice, col taglio da divulgatrice culturale di lungo corso, continua la strada che aveva inizato cinque anni fa: entra nelle case dei più ricchi collezionisti d’arte contemporanea, ne racconta vita e visioni, utilizzandole come base per la narrazione di un universo complesso e sfavillante. Significa comprendere l’importanza del mecenate per svelare l’aura di un artista.
Si dice che l’arte, soprattutto quando è concettuale, non sia ricevibile nell’immediato dall’occhio non esperto.
La cultura tutta, dalla letteratura alle cinematografia, ha bisogno di criteri guida da spiegare per essere recepita e per garantire un’emozione. L’arte contemporanea non fa eccezione. Con Private Collection mi propongo uno scopo preciso: raccontare chi sono e che cosa collezionano i più grandi collezionisti d’arte in Italia e, in questa stagione, anche in Europa, per raccontare le opere con il filtro del loro sguardo.
Entra nelle case di collezionisti molto facoltosi, di sicuro gelosi delle loro opere. Non sarà stato semplice.
Un salto mortale triplo. Il punto di partenza è la fiducia. Con molti di loro ho un rapporto professionale e di amicizia pluriennale, che rende le cose più facili. Poi ci sono alcune barriere emotive e mentali da aggirare per garantire un racconto completo. Ma se svelassi come si riesce nell’impresa, sarei come lo Chef Bottura che svela i suoi ingredienti segreti.
Un sogno da realizzare con il programma?
Estenderne i confini oltre il territorio nazionale. In questa stagione un po’ lo faremo. Una puntata vedrà al centro del racconto Alain Servais, consulente finanziario di Bruxelles, proprietario di una delle collezioni più notevoli al mondo.
Il successo televisivo di divulgatori come gli Angela garantisce ottimismo sul futuro della cultura nel piccolo schermo.
Il fatto che Alberto Angela sia riuscito a ottenere ascolti maggiori rispetto al programma di Maria De Filippi è un dato piuttosto significativo. Soprattutto per quanto riguarda la Rai che, non scordiamolo, svolge un servizio pubblico. La cultura, non è scontato dirlo, deve essere tra i capisaldi del servizio pubblico ed è auspicabile che la Rai in primis, e la tv in genere, magari su modello di Sky Arte, trovi formule accattivanti per raccontarla.
L’arte e la divulgazione culturale sono sempre state il suo obiettivo professionale?
Sono sempre state al centro delle mie passioni, in tutte le forme, dall’arte contemporanea alla moda, che ne è una sua derivazione più popolare. A poco a poco sono riuscita a trasformarle in una professione. Private Collection è come se fosse per me un altro figlio, essendo un format da me prodotto, scritto e condotto.
Lei però nasce come cronista di guerra.
Sono arrivata da Pieve di Soligo, in provincia di Treviso, a Milano con il sogno di fare l’inviata di guerra. Ho seguito per lungo tempo la cronaca giudiziaria, ricordo i tempi del maxi-processo alla Mala del Brenta di Felice Maniero. Sono approdata a Mediaset, mi sono occupata di cronaca, costume, attualità. Oggi mi sento realizzata appieno nel ruolo di divulgatrice culturale.
Da mamma: quanto è difficile coniugare la vita familiare con il lavoro?
Il ruolo di mamma è venuto prima di tutto il resto, ho aspettato che mia figlia crescesse e compisse dieci anni d’età, prima di dedicarmi anima e corpo a Private Collection. Adesso riesco a conciliare i due aspetti, portando un po’ d’amore per l’arte contemporanea anche a casa, da mia figlia Lunita e mio marito Paolo.
A proposito di suo marito Paolo (Kessisoglu, ndr): ogni tanto si sarà sentita in un menage a troìs con Luca Bizzarri, compagno di vita di Paolo da sempre.
Ah, no. Io sono outsider, Luca è, giustamente, il suo compagno di vita (ride, ndr). Ma tra me e Paolo esiste un equilibrio di coppia che ci consente di vivere benissimo il nostro rapporto coniugando vita privata e professionale.
Gabriele Gambini
(nella foto Sabrina Donadel)