Pubblicato il 20/09/2019, 19:10 | Scritto da Gabriele Gambini
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Michele Dalai: Ettore – Un caffè con… ha la forza dell’aneddotica che diventa racconto garbato

Michele Dalai: Ettore – Un caffè con… ha la forza dell’aneddotica che diventa racconto garbato
Ogni venerdì in seconda serata su Rai2, l'autore tv e scrittore Michele Dalai incontra personaggi del mondo dello spettacolo che raccontano i mostri sacri che li hanno ispirati. Un racconto nel racconto accompagnato da musica e tante immagini.

Michele Dalai: “Mi piacerebbe avere il mio amico Lorenzo Jovanotti come ospite”.

Nell’onomastica contemporanea, si associa il nome Ettore a personaggi bonari e rassicuranti. Nell’aneddotica mitologica, incarna invece l’eroismo umano necessario, non oltranzista, privo del doping di Achille, che affronta la realtà nonostante tutto. Sommando i due aspetti e avvalendoci dei luoghi comuni, potremmo dire che Ettore è un resiliente. O, più semplicemente, un uomo virtuoso e vizioso.

Ma ogni venerdì in seconda serata su Rai2, Ettore diventa il titolo – Ettore, un caffè con…– di un branded content con De Longhi realizzato da ZeroStories e Rai Pubblicità. Indossando le vesti da talk televisivo ad alta vocazione narrativa. Lo conduce Michele Dalai, che la formula di Ettore ha inventato e condotto per lungo tempo su Rai Radio 2, l’ha difesa da incomprensioni con la dirigenza della radio e l’ha sospesa per un certo periodo.

Ettore nella sua estensione video non perde le prerogative per cui è nato: in ogni puntata, Dalai incontra un volto popolare dello spettacolo (in questa stagione si pesca nel carniere dei comici) che, in un dialogo accompagnato da musica e immagini, racconta la storia di un suo ispiratore. Si parte con Max Giusti che racconta Alberto Sordi. Si continua con: Ilenia Pastorelli che racconta Carlo Verdone, Lello Arena / Totò, Renato Pozzetto / Enzo Jannacci, Katia Follesa / Anna Marchesini Lillo / Roberto Benigni.

Ettore ritorna, stavolta in veste televisiva.

Una scommessa molto bella. È la prima volta che mi occupo di un branded content, ma il marchio che accompagna il titolo, senza piaggeria, è azzeccatissimo. Davanti a un caffè si parla meglio. E non sono uomo da televendite.

La differenza con le stagioni radiofoniche riguarda innanzitutto il formato. Il video consente una progettualità diversa.

La durata del racconto è più breve rispetto alla versione radio. Le dimensioni del video consentono di ampliare alcuni aspetti. Il nucleo del programma sta nel suo essere una matrioska: invito qualcuno, lo intervisto e assieme parliamo di qualcun altro. Non è sempre facile per un artista parlare di qualcuno che lo ha ispirato. Nella prima puntata, per esempio, Max Giusti lo fa con grande sincerità parlando di Alberto Sordi. Io poi intervengo a mia volta con un mio monologo, accompagnato dal trombonista Mr. T-Bone.

Quando si pensa a Sordi risuonano le parole di Nanni Moretti: Ve lo meritate, Alberto Sordi.

Siamo tutti Alberto Sordi. Totò è entrato sottopelle al pubblico ed è diventato una moltitudine. Sordi è uno, è l’italiano medio che ha odiato i personaggi interpretati perché era dotato di un talento così colossale da sovrapporsi a loro in tutto e per tutto.

Il fil rouge che lega le sei puntate è la comicità.

Avevamo bisogno di un personaggio a puntata e di un tema che li legasse tutti. La comicità italiana è un recipiente ricchissimo di tante follie, ci sembrava perfetto. Poi abbiamo cercato personaggi capaci di amare e raccontare i volti scelti. Mi viene in mente Lillo quando racconta Roberto Benigni e come la sua gestualità da folletto impazzito sia stata per lui una folgorazione. Ma penso anche alla puntata in cui Renato Pozzetto racconta Enzo Jannacci. Lì non è l’artista a descrivere un suo ispiratore. È l’amico che parla di un amico.

Andare in onda in tv comporta una pressione maggiore rispetto alla radio?

Ho sempre considerato Ettore un esempio di intrattenimento garbato attraverso l’aneddotica che si fa racconto. Siamo partiti con l’idea di dar corpo a conversazioni semplici, da bar, rimanendo interlocutori amichevoli. Anche in tv, non si è perso questo spirito e, in sincerità, nessuno ci ha messo pressione, né sui tempi, né sui risultati da ottenere.

Un nuovo mondo da esplorare in una seconda stagione?

Quello dello sport sarebbe stuzzicante, sebbene già molto battuto. Sarebbe affascinante continuare col mondo dello spettacolo, avvalendoci anche del patrimonio di Teche Rai.

L’ospite dei sogni?

Un amico. Lorenzo Jovanotti. Di storie da raccontare ne avrebbe migliaia. Ma con lui occorerebbe un tempo maggiore a disposizione.

Ettore esplora il mondo dello storytelling, termine abbondantemente sovraesposto oggi, soprattutto nell’era post Renziana.

Ringrazio Federico Buffa e, perché no, Matteo Renzi, per averlo attualizzato. Io però non ho mai usato il termine storytelling. Preferisco il più semplice “raccontare”: lo spirito di narrare non deve essere perso nonostante oggi si viva di mode passeggere. Il riscontro di pubblico è alto, me ne accorgo quando porto il mio monologo Bartali nei teatri.

Ha vissuto diverse ere Rai. L’ultima è stata quella sovranista. Sono cambiati gli aspetti nell’approccio al lavoro?

I cambiamenti all’interno della Rai non hanno avuto niente a che fare con il mio autoallontanamento. Poi, certo, tutto quello che si fa contiene sottotraccia un atto politico. Io non ho mai nascosto la mia contrarierà al pensiero sovranista. Ma il problema, per dirla con Snoopy, non è la mano nella ciotola, è chi rincorre la ciotola. Ci sono persone che si sono accodate per opportunismo a una stagione politica, e però le stagione sono brevi, la qualità e la coerenza, invece, durature.

Che cosa c’è nel futuro professionale di Michele Dalai?

Sto finendo di scrivere Bartali, sto lavorando a una serie tv, so facendo il voice over di un film e due podcast. Ma la gioia più grande è il ritorno di Ettore, una forma di pace e di equilibrio che chiude i conti con il periodo tormentato del 2018 quando, da nipote di Oreste Del Buono, l’uomo dalle 110 dimissioni, non ritenevo opportune le condizioni per continuare a proporlo in radio.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Michele Dalai)