Pubblicato il 14/09/2019, 15:02 | Scritto da La Redazione

Oggi in edicola: Vivendi e le battaglie italiane. GroupM mette in guardia verso gli OTT

Cinque sfide per Bolloré

Milano Finanza, pagina 20, di Andrea Montanari.

Oggi, la battaglia più dura da combattere è quella con Silvio Berlusconi, la hol­ding Fininvest e il network tv di Cologno Monzese. Al momento, Bolloré pare con le spalle al muro. Da oltre un anno la partecipazio­ne di Vivendi (28,8%) è stata in gran parte (19,9%) congelata nel trust Simon Fiduciaria, in se­guito alla decisione dell’Agcom. E in questo momento, il gruppo francese ci perde un euro sec­co per azione, visto che le azioni del Biscione, in carico a 3,7 eu­ro, trattano a 2,77 euro. Soglia che corrisponde a quella del re­cesso indicata da Mediaset per la fusione transfrontaliera con la controllata spagnola e la con­seguente nascita della newco olandese, Media for Europe. Ed è proprio sul recesso che si gioca la sfida di Bolloré, anche se il suo gruppo pare non sia intenziona­to a esercitare tale diritto, tanto più che ha chiesto l’iscrizione al registro del voto maggiorato di Amsterdam.

Silenzio, parla GroupM

Business People, pagina 70, di Linda Parrinello.

Con un 36,8% di quota di mercato e un amministrato pari a 3,38 miliardi di euro nel 2018, GroupM si conferma il più gros­so agglomerato di centri media in Italia. Mentre voi continuate a crescere (+6%) gli investimenti pubblicitari languono, che stime fate per fine 2019?

Le nostre previsioni indicano un -1,3% che, nel caso in cui si dovessero con­fermare alcune evidenze di merca­to, potrebbe diventare un -2%. Si tratta però di una stima parziale, che non tiene conto – perché allo stato dell’arte è impossibile fare altrimenti – delle di­namiche in atto che oggi rendono molto più complicato il nostro mestiere. Mi spiego meglio. Da una parte c’è il mercato della pubblicità tradizionale, che è in calo, dall’altro esiste invece la raccolta degli over the top, nella fattispecie Google, Facebook e Amazon, che cresce. Solo che quest’ultimi non forniscono dati sulla loro attività (in Italia come all’estero), che peraltro è utilizzata per larga misura da una categoria di investitori-aziende piccole e medie che solitamente non è neanche monitorata dai centri media, bensì terreno d’elezione delle directory di Pagine gialle. Pertanto, allo stato dei fatti, non siamo in grado di dire se il digital crescerà tanto da andare a compensare le perdite della raccolta tradizionale. Si sa solo che negli ultimi dieci anni siamo passati da un investimento medio di 10 miliardi di euro a 8 miliardi, mancano all’appello 2 miliardi che gli Ott al momento sono ben lungi da poter recuperare.

 

(Nella foto Vincent Bolloré)