Oggi in edicola: la lunga mano di Murdoch. La casa di carta si è snaturata
Il boss di Sky nominato “consigliere”. L’ombra di Murdoch sull’era di Johnson
Il Giornale, pagina 13, di Gaia Cesare.
Poteva mancare lo zampino di Rupert Murdoch nell’ascesa di Boris Johnson a Downing Street? Evidentemente no, visto che da quando il tycoon australiano ha messo le mani nell’industria mediatica del Regno Unito (1969), con il tabloid Sun, il defunto News of The World e gli autorevoli The Times e The Sunday Times (1981), lo Squalo è considerato complice del successo di Margaret Thatcher, Tony Blair e David Cameron. Ora si scopre che fra le prime nomine di Johnson è arrivata l’incoronazione di Andrew Griffith, uno degli uomini chiave del mega-impero Sky Limited. Direttore operativo e finanziario della pay tv, Griffith è stato scelto come consigliere capo per gli Affari di Downing Street. Si occuperà dei rapporti con il mondo del business, che rischiano di farsi parecchio complicati con la Brexit e ancora più complicati con l’eventuale No Deal, un’uscita senza accordo con la Ue.
Peccato: il gioiello di Carta è diventato bigiotteria
Il Fatto Quotidiano, pagina 23, di Alessandro Ferrucci.
Se le prime due stagioni de La casa di carta sono un concentrato di equilibrio e adrenalina a rilascio lento e calibrato, personaggi intrecciati, con poco approfondimento psicologico, ma comunque un loro spessore, un fascino non banale, una bellezza a volte sognante; in questa terza si è perso il giusto livello: ci sono delle belle scene, alcuni dialoghi, interessanti e delle trovate originali, ma si è preferito accentuare per risolvere, urlare per impressionare, macchiettizzare per giustificare una presenza.
(Nella foto il cast de La casa di carta 3)