Pubblicato il 25/06/2019, 19:30 | Scritto da Gabriele Gambini

Mauro Casciari: L’etichetta di inviato mi sta stretta, sono un conduttore

Mauro Casciari: L’etichetta di inviato mi sta stretta, sono un conduttore
Su Rai Radio 2 conduce Radio 2 Summer Live e Numeri Uni, accanto alla coppia Nuzzo e Di Biase. Mauro Casciari racconta a TvZoom aneddoti di carriera, progetti per il futuro, e parla del rapporto tra televisione e radio.

Mauro Casciari: “Realiti su Rai 2 era una sfida difficile, oggi la generalista tende al frazionamento esasperato”

In radio conduce, gioca di sponda, si inserisce nei tempi comici dei programmi a cui partecipa, passeggia in territori dove la leggerezza imperversa, senza tradursi in superficialità: «Sarà perché mi sento molto di più un conduttore, rispetto a un inviato, ruolo che mi hanno assegnato spesso in tv, e perché i temi d’attualità trattati con la giusta spigliatezza mi appartengono».

Mauro Casciari è un fluire circostanziato di aneddoti, considerazioni e speranze lucide sul mondo della televisione e della radio. Su Rai Radio 2 fa da padrone di casa a Numeri Uni, con la coppia comica formata da Corrado Nuzzo e Maria Di Biase. Dal 14 giugno ha iniziato anche l’avventura di Radio2 Summer Live, programma itinerante e denso di concerti.

Il ruolo di inviato è diventato per lei un’etichetta?

Forse sì, un’etichetta che da tempo cerco di togliermi. I tanti anni a Le Iene, una cornice di successo immediata, ma facilmente incasellabile, mi hanno reso riconoscibile al grande pubblico per quello che, in fondo, non sono. Non sono un giornalista, mi presto al mestiere di inviato d’attualità, ma la conduzione leggera e divertita è maggiormente nelle mie corde. A volte penso che avrei dovuto lasciare Le Iene un po’ prima.

Per questo sta vivendo un’avventura radiofonica piuttosto articolata.

Una lunga estate. Siamo in onda da lunedì al sabato, è da luglio dell’anno scorso che non molliamo. Bramavo di fare radio in diretta quotidianamente, sono stato accontentato (ride, ndr).

Passare dalla tv alla radio e viceversa richiede uno sforzo particolare?

Nasco in tv, ho sempre visto la radio come una seconda collocazione. Però complementare. Facendo la diretta, mi accorgo di quanto sia formativa. Da egocentrico, logorroico, desideroso di apparire, ho imparato a stare zitto quando era il momento, a puntellare gli equilibri con i miei compagni di programma, Nuzzo e Di Biase, l’eccellente parte comica della trasmissione. La diretta radiofonica è un gioco anche a togliere, occorre trovare la giusta miscela.

La prerogativa di Numeri Uni?

Fare un programma divertente e divertito, con pezzi a volte preparati, profilati sull’attualità, a volte improvvisati. Senza far capire al pubblico quando un dialogo è scritto e quando nasce dalla spontaneità del momento.

Radio Summer Live prevede tappe in tante località balneari con concerti di molti artisti.

Il live con Manuel Agnelli, avvenuto di recente, mi ha sorpreso. Conoscevo poco gli Afterhours, ho approfondito un ambito – quello che un tempo si chiamava indie – non esposto sui network più diffusi, ma molto interessante. Poi avremo i Tiromancino, Mahmood, Noemi. Il gusto del pop nostrano commentato vicino al palco.

Tornando a Le Iene. Per quali servizi la ricordano i fan?

Quello sulle messe nere e la pedofilia su tutti. Fu l’unica volta in cui denunciai qualcuno. Nel servizio, ci furono momenti di concitazione, anche qualche accenno di episodi violenti. C’eravamo ritrovati chiusi dietro a un cancello, la situazione avrebbe potuto degenerare. Poi ricordo molto bene i servizi sui casi Cucchi e Uva.

Come ha vissuto il declassamento di Realiti, su Rai2, dopo l’insuccesso della prima puntata?

Premessa: ero consapevole che imbastire una prima serata da zero, ex novo, su una rete diversa da Rai1 o Canale5, presentasse rischi grossi. Mi spiace che il cambio di fascia oraria sia stato immediato e non ci sia stata l’opportunità di riprovare con una prima serata.

Avrebbe cambiato qualcosa all’interno del programma?

Forse sarebbe stato opportuno dare più spazio ai servizi registrati e stare un po’ meno tempo in studio. Si trattava di un programma nuovo, a cui il pubblico avrebbe dovuto abituarsi in modo repentino. Qualcosa di difficile in tv. Persino in radio, la fidelizzazione degli ascoltatori si ottiene dopo tanto tempo. Oggi invece sul piccolo schermo è tutto rapidissimo.

Tra radio e tv, oggi, ci sono differenze di opportunità?

La generalista sta frazionando gli spazi, i budget sono ridotti, si gioca all’estensione della prima serata a oltranza per esigenze di share. La radio è ancora analogica, ha dinamiche che possono sopravvivere senza le riduzioni traumatiche vissute dalla tv. Oggi, in radio, sono arrivato a fare ciò che avevo in mente, godendo di spazi su Radio 2 ipotizzabili solo a Radio Deejay.

Poi c’è la misurazione dell’ascolto…

I dati di misurazione della radio consentono tempi più dilatati rispetto all’Auditel televisivo che incombe di giorno in giorno. Soprattutto in un’era in cui la tv ha abolito le seconde serate proprio a causa della fregola competitiva degli ascolti. Sarebbe interessante concentrarsi maggiormente sui dati assoluti, piuttosto che sulle percentuali.

Ci sono progetti personali che vorrebbe vedere realizzati?

Credo molto nella rete e nell’uso sapiente dei social. Il futuro passa da lì. Ho saggiato il terreno proponendo sui miei canali social un gioco: il pubblico avrebbe dovuto capire in che luogo mi trovassi, in base ad alcuni indizi lasciati dai miei video. Il primo in grado di raggiungermi, avrebbe vinto un premio. Un esperimento andato bene. Occorre trovare finanziatori per renderlo un formato a tutti gli effetti. Poi c’è un altro progetto a cui penso da tempo, che ha avuto il plauso di Jocelyn…

Quale?

Si chiama Faccia in fretta. Una sorta di caccia al tesoro svolta in una città in cui un concorrente deve arrivare a individuare un volto su un cartellone avvalendosi di indizi progressivi. Non è un progetto semplice. I broadcaster sembrano sulle prime entusiasti, ma accetterebbero di inserirlo nella loro programmazione solo se lo portassi già brandizzato e pronto. Su una cosa non arretro: voglio fare il conduttore.

Fa anche l’autore di se stesso?

Per me stesso, sì. Non voglio per ora lavorare come autore per altri. Desidero bruciare per intero la mia voce e la mia faccia (ride, ndr). Non ho nemmeno un agente che mi rappresenti.

Per quale motivo?

Per scelta. Mi sono accorto, da un lato, che spesso gli ingaggi me li procuravo comunque grazie ai miei sforzi. Ho studiato tecnica pubblicitaria, mi occupo di comunicazione, mi sono reso conto che alcune cose conviene comprenderle da soli. E poi, un agente con un grande nome, appartenendo a questa o a quella cordata, anche politica, può condizionare le tue mosse.

Gabriele Gambini

(nella foto Mauro Casciari con Nuzzo e Di Biase)