Pubblicato il 07/06/2019, 18:01 | Scritto da Andrea Amato
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Pippo Baudo: un doroteo che non si ritrova più in questa televisione

Pippo Baudo: 60 anni in televisione

Sessant’anni di carriera e 83 di vita. Pippo Baudo è la televisione italiana, per lo più Rai, anche se la sua parentesi nell’allora Fininvest fece epoca.

Come ha fatto a durare così tanto? Semplice, perché era democristiano. Non solo politicamente, ma anche come modo di fare: rassicurante, anzi, doroteo.

Non solo fede politica, quindi, ma attitudine televisiva e umana, che gli ha permesso di districarsi per sei decenni nella giungla di viale Mazzini e nell’alternanza dei mille dirigenti con cui si sarà dovuto rapportare in tutti questi decenni.

Quando però le regole del gioco sono cambiate e l’assalto alla diligenza è diventato non solo assoluto, ma anche grossolano, la sua stella ha iniziato a brillare meno. Perché non solo era cambiata la sintassi politica e la grammatica televisiva, ma anche l’umanità del pubblico, che da nazionalpopolare è diventato bulimico di volgarità. E questa non è la sua partita.

Un animo punk

Che poi lui, in realtà, ha l’animo punk. Altrimenti non si spiega la follia di inventarsi Cavallo Pazzo a Sanremo. O quella di far dire «Woytilaccio» a Roberto Benigni. O come quando lasciò dire a Beppe Grillo «ladri socialisti» durante il governo di Bettino Craxi. Un vero punk, anche se poi il doroteo mandava al macello gli altri, salvandosi la pelle ogni volta.

Saremmo dovuti morire tutti democristiani, o almeno lo sperava Pippo, ma pare proprio che non sarà così. Tanti auguri.

 

Twitter@AndreaAAmato

 

(Nella foto Pippo Baudo)